La Solidarietà è Illegale: Danilo Dolci il Gandhi italiano

La storia con cui inauguro il nuovo anno è ancora sospesa tra attualità e per l’appunto la Storia. Comunemente si ritiene che dopo 50 anni un episodio pubblico rilevante entra a far parte della storia ed eventuali documenti riservati vengono desecretati. Desidero parlarvi di Danilo Dolci nato nel 1924 in un piccolo paese allora, in provincia di Trieste passato in seguito alla Slovenia e morto nel 1997 a Trappetto nel circondario di Palermo. 

Quindi più di metà della sua vita è Storia e l’altra invece ancora attualità, anche grazie agli strascichi giudiziari recenti intentati dall’attuale presidente della repubblica italiana e da due suoi nipoti che hanno dato luogo a due processi e due condanne risarcitorie per diffamazione nei confronti di altrettanti giornalisti che hanno osato riproporre vicende controverse sullo statista siciliano Bernardo Mattarella, uno degli intoccabili ministri democristiani del dopoguerra e le sue presunte relazioni con esponenti di Cosa Nostra come il noto mafioso Vito Ciancimino.

Bernardo Mattarella era il padre di Sergio Mattarella. Ora a parte una piccola ma non irrilevante osservazione (e cioè la causa è stata intentata dal presidente della repubblica che è anche il presidente del Consiglio Superiore della Magistratura!) lungi da me l’intenzione di entrare nel merito dei processi contro Danilo Dolci e la sua condanna avvenuta esattamente 50 anni fa per aver accusato e denunciato Bernardo Mattarella e Calogero Volpe, entrambi alti esponenti della Democrazia Cristiana siciliana, di collusioni con la mafia. 

Io desidero solo ricordare chi era e cosa ha fatto Danilo Dolci. Figlio di una donna slovena molto religiosa e di un ferroviere della provincia di Brescia, agnostico, svolge i primi studi al nord acquisendo il diploma da geometra e la maturità artistica. A guerra già in corso nel 1943. La sua posizione nei confronti del fascismo è di assoluto contrasto e rifiuto. Subisce anche il carcere per non aver aderito alla Repubblica Sociale di Salò, ma riesce ad evadere. Terminata la guerra si iscrive ad architettura a Roma studi che continuerà a Milano e che abbandonerà, letteralmente, il giorno prima della discussione della tesi per andare ad aiutare don Zeno Saltini nella gestione del progetto Nomadelfia presso Carpi dove il prelato ha fondato una repubblica dei e per i bambini orfani e famiglie povere aperta al contributo di volontari singoli o nuclei familiari solidali.

Ed è proprio a Nomadelfia che Danilo inizia anche a scrivere componimenti poetici che ottengono riconoscimenti e consensi, entrando a far parte dei “Nuovi poeti italiani”. L’esperienza con don Zeno dura due anni fino al 1952 quando Danilo viene irresistibilmente attratto e assorbito dalle “grida di dolore” provenienti dalla Sicilia. Terra martoriata in preda al mal costume, arretratezza e soprattutto sotto il potere occulto ma non troppo della mafia.

Si stabilisce a Trappeto a circa 25 km da Palermo dove inizia una lotta disperata contro le ingiustizie sociali, l’analfabetismo dilagante, la fame e gli abusi della mafia e la collusione delle istituzioni. La sua azione è convinta e determinata e naturalmente attorno a lui cominciano a formarsi gruppi comunitari organizzati. La fama di Danilo Dolci si propaga velocemente in tutta Italia e poi anche in Europa e nel mondo intero.

Giungono messaggi di solidarietà da Bertrand Russell, Jean Paul Sartre, Carlo Levi, Elio Vittorini, Giorgio La Pira, Alberto Moravia, Renato Guttuso, Cesare Zavattini, Ignazio Silone, Norberto Bobbio, Paolo Sylos Labini, Eric Fromm, Aldous Huxley, Jean Piaget e moltissimi altri.

Gli viene dato l’appellativo di Gandhi italiano. Nel 1952 Danilo interviene in una situazione tragica e scandalosa. Si stende sul lettino di un bambino morto per la fame e inizia un digiuno ad oltranza appoggiato da molti cittadini che si dicono disposti a continuare la protesta nel caso Danilo morisse. La protesta che scosse profondamente l’opinione pubblica italiana e non solo, termina quando le autorità si impegnano ad intervenire e mettere mano ad alcuni progetti di riabilitazione urbana e assistenza pubblica.

Ma è nel 1956 che Danilo Dolci realizza le due più grandi e originali proteste pubbliche. La prima a San Cataldo a favore dei pescatori locali vittime della pesca abusiva. Viene organizzato uno sciopero collettivo della fame a cui partecipano oltre 1000 persone. La protesta viene sciolta di autorità dalle forze dell’ordine in quanto lo “sciopero della fame collettivo non è legale”.

Poche settimane dopo Dolci e i suoi seguaci intervengono in modo ancora più “spettacolare” a Partinico, sempre nei dintorni di Palermo, dove la disoccupazione imperversa e le condizioni umane sono scandalose. Viene organizzato uno “sciopero al contrario”. 

Dolci e i suoi pensano: se chi lavora per protestare smette di lavorare, chi è disoccupato per protestare lavora. Centinaia di cittadini disoccupati si mettono a lavorare per ripristinare una vecchia strada comunale dismessa. Ancora una volta interviengono bruscamente le forze dell’ordine e Danilo Dolci con alcuni altri vengono denunciati e mandati sotto processo.

L’episodio suscita sdegno e rabbia internazionale. A difendere Dolci arriva Piero Calamendrei uno dei padri costituenti. La corte condannerà Dolci a 50 giorni di carcere. 

Naturalmente l’impegno, la determinazione e la coerenza di Dolci portano moltissimi cittadini, specialmente giovani ad appoggiare le sue iniziative sociali e comunitarie.

Il movimento si allarga. Intanto Dolci ha alzato il tiro dei suoi attacchi accusando e denunciando apertamente la collusione tra la mafia e la politica facendo nomi e cognomi.

A seguire un paragrafo che copio da Wikipedia: “L’intensa attività di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico portano Dolci a muovere nel 1965 pesanti accuse – formulate in una conferenza stampa dopo un’audizione in Commissione antimafia e documentate in Spreco (Einaudi, Torino, 1960) e

Chi gioca solo (Einaudi, Torino, 1966) – a esponenti di primo piano e a notabili della vita politica siciliana e nazionale. Tra essi Calogero Volpe e il ministro del Commercio con l’estero Bernardo Mattarella, figure di spicco della Democrazia Cristiana.

Dolci e Franco Alasia, suo stretto collaboratore e coautore della denuncia, vengono querelati per diffamazione e condannati dopo un tormentato percorso processuale, durato sette anni.”

Di recente alcuni giornalisti hanno tentato di far riaprire quel processo alla luce di nuove informazioni e dichiarazioni di pentiti. Tra questi Alfio Caruso che sull’argomento ha scritto il libro: Da cosa nasce cosa. Storia della mafia dal 1943 ad oggi. Casa editrice Longanesi. Caruso e la Longanesi sono stati denunciati e portati in corte civilmente (col penale si sarebbero dovute avviare ulteriori indagini e riaprire il procedimento) da Sergio Mattarella, Maria e Bernardo Mattarella (figli di Persanti Mattarella). 

Alfio Caruso e la Longanesi sono stati condannati per diffamazione e a pagare un indenizzo ai querelanti! Per chi volesse approfondire l’argomento consiglio: https://www.gospanews.net/2018/10/23/gli-intoccabili-siciliani/ Grazie per l’attenzione e alla prossima. fRAncesCO

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