La Cucina Italiana entra nell’Unesco

Una vittoria che parla al mondo — e soprattutto a noi italiani nel mondo

Ci sono notizie che non si limitano a informare: ti attraversano.
E quella arrivata oggi dall’Unesco è una di quelle che fanno vibrare qualcosa dentro, soprattutto per chi l’Italia la vive da lontano, la racconta, la difende e la porta ogni giorno nel mondo.

Oggi la Cucina Italiana è patrimonio dell’umanità.
Non per folklore.
Non per marketing.
Ma perché rappresenta una cultura viva, quotidiana, fatta di persone prima ancora che di piatti.

È la vittoria delle sfogline che tirano la pasta come si tramanda un segreto di famiglia.
Dei pizzaioli che con un gesto creano un linguaggio universale.
Dei cuochi che intrecciano tecnica e memoria.
Ma anche — finalmente — dei camerieri, dei sommelier, dei barman, dei ristoratori e di tutta la filiera agricola che sostiene la nostra identità più profonda: contadini, casari, pescatori, vignaioli, allevatori, ortolani.

È la vittoria dell’Italia silenziosa che lavora.
Non dell’Italia da cartolina.

Per anni la candidatura italiana è rimasta ferma, impolverata, schiacciata da rinvii, tavoli tecnici inconcludenti, annunci senza sostanza.
Una vicenda paradossale, considerando quanto la nostra cucina sia riconosciuta ovunque.

Poi qualcosa è cambiato.

Il Ministero dell’Agricoltura ha preso in mano il dossier, gli ha dato struttura, voce, direzione. Ha creato una cabina di regia, riunito regioni e associazioni, costruito un fronte unico.
E questo va riconosciuto senza ipocrisie: Francesco Lollobrigida ci ha creduto, ha lavorato, ha coordinato e ha portato il dossier al voto finale con determinazione politica e visione strategica.

Quando c’è metodo, i risultati arrivano.
All’estero lo considerano normale.
Da noi sembra già un mezzo miracolo.

Per chi vive fuori dall’Italia, la cucina è più di un ricordo:
è un ponte emotivo, culturale, identitario.
È ciò che ci definisce quando parliamo della nostra terra.
È il biglietto da visita del Made in Italy più credibile di tutti.

Il riconoscimento Unesco dà forza a migliaia di ristoranti italiani nel mondo — quelli autentici, quelli che rispettano le filiere, quelli che custodiscono davvero il nostro stile.

Dà dignità a chi promuove il gusto italiano ogni giorno, tra sacrifici, distanza e nostalgia.
Dà autorevolezza a chi combatte contro l’italian sounding, contro i pomodori “tricolori” made in chissà dove, contro pizze e paste senza storia né radici.

Oggi il mondo riconosce ufficialmente ciò che gli italiani all’estero custodiscono da sempre:
la cucina italiana è identità nazionale.

Da domani, questo riconoscimento impone impegni precisi:

  • formazione seria per chi lavora nella ristorazione;
  • tutela delle filiere agricole e dei territori;
  • salari dignitosi e nuove generazioni da sostenere;
  • qualità vera nei locali, non scenografie;
  • tracciabilità dei prodotti: chi usa ingredienti non italiani non può richiamarsi all’Unesco.

L’Unesco non premia la nostalgia.
Premia la vitalità.
E quella vitalità dobbiamo continuare a meritarla.

Perché questo traguardo appartiene a tutti.

Alle donne e agli uomini che lavorano in cucina.
A chi coltiva, pesca, produce e serve.
A chi vive in Italia e a chi la rappresenta nel mondo.
Alla politica che — finalmente — ha saputo fare squadra.
A un Paese che, quando vuole, sa parlare con una voce sola.

La cucina italiana entra nell’Unesco.
E noi di Allora! celebriamo non solo un riconoscimento internazionale, ma una verità profonda:
l’Italia è un’identità che si mangia, si condivide, si tramanda.
E oggi il mondo intero la riconosce.