“Il crescere dell’amicizia fra le persone è quel che ha caratterizzato il progresso dell’umanità”. Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che questa mattina è intervenuto alla giornata conclusiva della 44° edizione del Meeting per l’amicizia tra i popoli sul tema “L’esistenza umana è un’amicizia inesauribile”.
“Vorrei che ci interrogassimo”, ha detto il Presidente. “Su cosa si fonda la società umana; la realtà nella quale ciascuno di noi è inserito; la realtà che si è organizzata, nei secoli, in società politica dando vita alle regole – e alle istituzioni – che caratterizzano l’esperienza dei nostri giorni? È, forse, il carattere dello scontro? È inseguire soltanto il proprio accesso ai beni essenziali e di consumo? È l‘ostilità verso o il proprio vicino, o il proprio lontano? È la contrapposizione tra diversi? O è, addirittura, sul sentimento dell’odio che si basa la convivenza tra le persone? Se avessimo risposto affermativamente, anche, soltanto, a una di queste domande, con ogni probabilità, il destino dell’umanità si sarebbe condannato da solo; e da tempo. Invece, – ha sottolineato – il crescere dell’amicizia fra le persone è quel che ha caratterizzato il progresso dell’umanità”.
L’amicizia “come vocazione – incomprimibile – dell’uomo”. “Ogni volta che l’umanità si è trovata di fronte al baratro – è accaduto con le due guerre, mondiali, novecentesche – ha trovato, dentro di sé, le risorse quelle morali, per ripartire, per costruire un mondo diverso, in cui il conflitto lasciasse posto all’incontro. Per immaginare e progettare, il futuro insieme”, ha aggiunto Mattarella citando la nascita delle Nazioni Unite, l’avvio dell’integrazione d’Europa.
“Uno spirito, analogo, ha ispirato la nostra Assemblea Costituente nella quale opinioni diverse si sono incontrate in spirito di collaborazione, per condividere e affermare i valori della dignità, ed eguaglianza, delle persone; della pace; della libertà. Ecco, come nasce la nostra Costituzione: con l’amicizia – come risorsa a cui attingere per superare – insieme – le barriere e gli ostacoli; per esprimere la nostra stessa umanità”, ha rimarcato il Capo dello Stato. “Per superare, per espellere l’odio, come misura dei rapporti umani. Quell’odio che la civiltà umana ci chiede di sconfiggere nelle relazioni tra le persone; sanzionandone, severamente, i comportamenti, creando, così, le basi delle regole della nostra convivenza”.
““Homo homini lupus” di Plauto e il presunto “stato di natura” di Thomas Hobbes hanno, sempre, rappresentato ostacoli per la soluzione dei problemi dell’umanità. L’aspirazione – ha osservato Mattarella – non può essere quella di immaginare che l’amicizia unisca soltanto coloro che si riconoscono come simili. Al contrario. Se così fosse, saremmo sulla strada della spinta alla omologazione, all’appiattimento. L’opposto del rispetto delle diversità; delle specificità proprie a ciascuna persona. Non a caso, la pretesa della massificazione è quel che ha caratterizzato ideologie e culture del Novecento che hanno portato alla oppressione dell’uomo sull’uomo”.
Invece “le identità plurali delle nostre comunità sono il frutto del convergere delle identità di ciascuno di coloro che le abitano, le rinnovano, le vivificano. Nel succedersi delle generazioni e delle svolte della storia. È la somma dei tanti “tu”, uniti a ciascun “io”, interpellati dal valore della fraternità, o, quanto meno, del rispetto e della reciproca considerazione. È il valore della nostra Patria, del nostro straordinario popolo – tanto apprezzato e amato nel mondo – frutto, nel succedersi della storia, dell’incontro di più etnie, consuetudini, esperienze, religioni; di apporto di diversi idiomi per la nostra splendida lingua; e nella direzione del bene comune”.
L’amicizia, ha aggiunto, “per definizione è contrapposizione alla violenza. Parte dalla conoscenza e dal dialogo. Anche in questo, l’amicizia assume valore di indicazione politica”. Certo “non mancano, mai, i pretesti per alimentare i contrasti: siano la invocazione di contrapposizioni ideologiche; la invocazione di caratteri etnici; di ingannevoli, lotte di classe; o la pretesa di resuscitare anacronistici nazionalismi. Quanto avviene ai confini della nostra Europa, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa, ne dà drammatica testimonianza”.
Oggi “viviamo un tempo di cambiamenti profondi, velocissimi, addirittura tumultuosi in alcuni campi” e se è vero che “le trasformazioni incidono sui modelli sociali, sulla produzione e il lavoro, ma anche sugli abiti mentali, sulla stessa cultura, sulle aspettative delle donne e degli uomini” secondo Mattarella “è giusto cogliere, in questo processo, il segno positivo in termini di comprensione del proprio ruolo, della propria responsabilità, dei propri diritti. Ma occorre, anche, saperne leggere i rischi di aspetti critici, di distorsioni”.
“L’auto-affermazione dell’io, nella sua più assoluta centralità in realtà nella sua piena solitudine, appare priva di qualunque senso”, ha annotato il Presidente, secondo cui “l’affermazione di sé – uno dei motori della vita comunitaria – vale, in realtà, se è inserita nella comunità in cui si è nati, o in cui si è scelto di vivere; e se contribuisce alla sua crescita”.
Mattarella ha quindi citato il “diritto alla felicità” elencato nella Dichiarazione di indipendenza americana sostenendo che “se non vi è definizione equivalente nella nostra Carta costituzionale” vi sono “pochi dubbi circa il fatto che gli articoli della Costituzione delineino una serie di diritti, e chiedano, alla Repubblica, una serie di azioni positive per conseguire condizioni che rendano gratificante l’esistenza; sia pure senza la pretesa che la felicità sia una condizione permanente; quasi che la vita, con le sue traversie, non introduca momenti di segno diverso”.
Sia il secondo che il terzo articolo evidenziano come siano “le relazioni sociali a determinare la concretezza di esercizio dei diritti”. Dunque “le nostre istituzioni sono basate sulla concordia sociale, sul perseguimento – attraverso la coesione, dunque la solidarietà – di sentimenti di rispetto e di collaborazione: l’amicizia riempie questi rapporti, rendendoli condizione per la felicità. Sono i sentimenti e i comportamenti umani che esaltano la vita della comunità. Il benessere consentito dalla pace – di cui, sino a ieri, ha potuto godere l’Europa – è frutto di questa visione. È la discordia che lo pone a rischio. È un tema universale”.
Citato l’ex Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon (“Felicità, è aiutare gli altri. Quando, con le nostre azioni, contribuiamo al bene comune, noi stessi ci arricchiamo. È la solidarietà che promuove la felicità”), Mattarella ha sostenuto che “l’amicizia non è una questione intimista. Nasce, anzitutto, dal riconoscere l’altro – nella sua diversità – uguale a noi stessi”. Richiamato il convegno di Camaldoli, del luglio del 1943, dove “un nucleo di intellettuali cattolici provò a delineare le caratteristiche e i principi di un nuovo ordinamento democratico”, a “disegnare una democrazia, un ordinamento pluralista; fondato sull’inviolabile primato della persona e sulla preesistenza delle comunità rispetto allo Stato”, il Capo dello Stato ha ribadito che “il bene comune è responsabilità di tutti” e che “è il binomio persona-comunità a sorreggere un ordinamento che non deve essere intrusivo, ma diretto a valorizzare pluralità e libertà”.
Quell’“amicizia sociale” di cui scrive Papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti”, che “è una dimensione che lega la comunità, nell’affrontare le sfide della storia”.
L’amicizia “è fonte di speranza. La speranza nasce da un sentire comune. Da un sostegno offerto. Da testimonianze coerenti. Da un futuro immaginato insieme”, ha detto ancora Mattarella. “Non vogliamo rinunciare, oggi, alla speranza della pace in Europa”. Una “pace giusta” che “non può dimenticare il dramma dei profughi”. Anche in questa occasione, il Presidente ha sostenuto che “i fenomeni migratori vanno affrontati per quel che sono: movimenti globali, che non vengono cancellati da muri o barriere”, raccontando che nel suo appartamento al Quirinale ha collocato il disegno del quattordicenne annegato nel Mediterraneo che aveva la pagella cucita nella fodera della giacca: “come fosse il suo passaporto, la dimostrazione che voleva venire in Europa per studiare”.
Un disegno che “mi rammenta che, dietro numeri e percentuali delle migrazioni, che spesso elenchiamo, vi sono innumerevoli, singole, persone, con la storia di ciascuno, i loro progetti, i loro sogni, il loro futuro”. Un futuro “tante volte cancellato”. Serve “un impegno, finalmente concreto e costante, e proprio dell’Unione Europea. Occorre sostegno ai Paesi di origine dei flussi migratori”, ma anche “rendersi conto che soltanto ingressi regolari, sostenibili, ma in numero adeguatamente ampio, sono lo strumento per stroncare il crudele traffico di esseri umani: la prospettiva e la speranza di venire, senza costi e sofferenze disumane, indurrebbe ad attendere turni di autorizzazione legale”.
Occorre “percorrere strade diverse. Se non se ne avverte il senso di fraternità umana, per una miglior sicurezza. Anche come investimento, anche di amicizia, sul futuro delle relazioni, con i popoli di origine, che saranno – presto – sempre più protagonisti della scena internazionale”. L’amicizia “comincia da noi, dal nostro modo di essere, dalla nostra voglia di dare più umanità al mondo intorno a noi”. “La speranza è in voi giovani”, ha aggiunto Mattarella. “Prendetevi quel che è vostro. Comprese le responsabilità e i doveri”.
“Non vi chiudete, non fatevi chiudere in tanti mondi separati”, il monito del Presidente. “Usate i social, sempre con intelligenza; impedite che vi catturino, producendo una somma di solitudini, come diceva il mio Vescovo di tanti anni addietro. Non rinunciate, mai, alle relazioni personali; all’incontro personale; all’affetto dell’amico; all’amore; alla gratuità dell’impegno. Il mondo è migliore, se lo guardiamo con gli occhi giusti. Ci aiuta, in questo caso, ancora, la nostra Costituzione”.
“In un discorso, tenuto alla Università di Parma, nel 1995, – ha ricordato Mattarella – Giuseppe Dossetti – che, dell’Assemblea Costituente, era stato partecipe e protagonista – rivolse un appello ai giovani: “non abbiate prevenzioni rispetto alla Costituzione del ‘48, solo perché opera di una generazione ormai trascorsa – disse -. La Costituzione americana è in vigore da duecento anni e, in questi due secoli, nessuna generazione l’ha rifiutata, o ha proposto di riscriverla integralmente; ha soltanto operato, singoli emendamenti puntuali, rispetto al testo originario dei Padri di Philadelphia; nonostante che, nel frattempo, la società americana, sia passata, da uno Stato di pionieri, a uno Stato, oggi, leader del mondo…E’ proprio, nei momenti di confusione, o di transizione indistinta, che le Costituzioni adempiono la, più vera, loro funzione: cioè, quella di essere, per tutti, punto di riferimento e di chiarimento. Cercate, quindi, di conoscerla; di comprendere, in profondità, i suoi principî fondanti; e, quindi, di farvela amica e compagna di strada… vi sarà presidio sicuro, nel vostro futuro, contro ogni inganno e contro ogni asservimento; per qualunque cammino vogliate procedere, e per qualunque meta vi prefissiate”. Facciamo nostre queste parole”, l’invito del Presidente.
“Quest’anno, il Meeting ribadisce la sua ragione fondativa: “Meeting per l’amicizia fra i popoli”, come suona, il suo nome, per esteso. Ce n’è bisogno. Fate che la speranza e l’amicizia corrano, anche, sulle vostre gambe. E – ha concluso – si diffondano attraverso le vostre voci”. (aise)
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