Celebrazioni del 4 novembre con un’intervista al Colonnello Marco Bertoli, Addetto Militare per la Difesa presso l’Ambasciata d’Italia a Canberra
In occasione del 110° anniversario dell’entrata dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, abbiamo avuto il privilegio di intrattenere un’intervista con il Colonnello Marco Bertoli, Addetto Militare per la Difesa presso l’Ambasciata d’Italia a Canberra. L’Italia entrò in guerra il 24 maggio 1915 e la conclusione del conflitto, il 4 novembre 1918, segnò non solo la fine di una guerra tragica per l’Europa e il mondo intero, ma anche la piena riunificazione del Paese. “Parliamo di più di 600.000 caduti e un milione e mezzo di feriti, numeri veramente impressionanti”, ricorda Bertoli, sottolineando quanto sia importante commemorare la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate.
Quest’anno, le celebrazioni del 4 novembre hanno avuto una particolarità: per evitare sovrapposizioni con l’Indo-Pacific Exposition di Sydney, l’evento si è svolto il 30 ottobre presso la Residenza dell’Ambasciatore. “Quel tragico conflitto ha segnato anche la riunificazione definitiva del nostro Paese, è stata una sorta di spartiacque tra ciò che è successo prima e il periodo successivo. Dobbiamo ricordare e celebrare con grande impegno”, spiega Bertoli.

La conversazione con il Colonnello si è presto spostata sull’impegno contemporaneo delle Forze Armate italiane nell’area dell’Indo-Pacifico, una regione strategicamente cruciale per gli equilibri globali. “Lo scorso anno abbiamo partecipato all’esercitazione Pitch Black a Darwin, rischierando più di 20 piattaforme aeree dell’Aeronautica Militare, insieme al nostro Carry Strike Group con la portaerei Cavour, seguita dalla fregata Alpino e da molte altre unità di altre nazioni. Questo impegno ha confermato la rilevanza strategica dell’area e ha permesso ai nostri equipaggi di addestrarsi durante la navigazione”, racconta.
Bertoli ci tiene a sottolineare che l’esperienza non si è limitata all’Australia: “Finito l’impegno a Darwin, tutte le forze si sono rischierate anche in Giappone per fare un addestramento congiunto con le forze armate giapponesi. È un impegno tangibile che dimostra l’importanza che il governo italiano attribuisce all’Indo-Pacifico e all’Australia in particolare”.
L’ufficio militare italiano a Canberra è diventato un punto di riferimento per la cooperazione internazionale. “Con l’Australia abbiamo relazioni solide, soprattutto nell’addestramento congiunto durante le esercitazioni, ma collaboriamo anche con Giappone, Nuova Zelanda, Singapore e Filippine, paesi che riteniamo very like-minded.
Questo ci permette di addestrare il personale con equipaggi con cui non ci confrontiamo spesso in Europa. È stato veramente molto importante addestrarci con personale australiano, giapponese e di altri Paesi, sia a bordo delle navi, sia su piattaforme aeree, sia a terra”, spiega Bertoli.
Uno dei momenti più simbolici della cooperazione italo-australiana riguarda la nave scuola Amerigo Vespucci, che ogni anno compie il suo viaggio di istruzione per cadetti italiani. “Abbiamo coordinato l’imbarco di tre cadetti australiani sulla Vespucci. Hanno fatto la tratta da Manila a Darwin, addestrandosi insieme ai nostri cadetti e vivendo la nave con tutto l’equipaggio. È un modo per gettare i semi di future collaborazioni: questi cadetti diventeranno elementi cardinali nella Royal Australian Navy e ricorderanno per sempre l’addestramento fatto con noi”, racconta il Colonnello con orgoglio.
Oltre agli aspetti operativi, Bertoli sottolinea il valore umano e comunitario della sua esperienza in Australia: “Purtroppo questo è l’ultimo anno del mio mandato, rientrerò in Italia a gennaio prossimo, ma voglio dire che l’esperienza in Australia e Nuova Zelanda è stata incredibile. Ho visitato molte città, ho incontrato i nostri connazionali e ho potuto constatare quanto siano solidi i legami delle comunità e delle associazioni combattentistiche con la madrepatria. Mi ha lasciato un ricordo indelebile e mi ha reso veramente orgoglioso”.
Il Colonnello ci racconta anche dell’importanza strategica della presenza italiana nell’Indo-Pacifico: “L’Italia oggi ha circa 7.000 uomini e donne in uniforme impegnati in operazioni di varia scala in tutto il mondo. L’Italia è presente non solo nel Mediterraneo allargato e in Europa, ma anche qui nell’Indo-Pacifico. Il nostro impegno continuerà in quest’area e avremo modo di addestrarci e collaborare con partner importanti come l’Australia”.
La diplomazia navale, spiega Bertoli, è un altro strumento fondamentale per far conoscere l’Italia e le sue Forze Armate nel mondo.
“L’arrivo della nave scuola Amerigo Vespucci a Darwin e la presenza del Carry Strike Group hanno permesso di promuovere l’Italia, la nostra cultura e la nostra storia militare. Abbiamo organizzato il Villaggio Italia, incontrato le comunità locali e rafforzato i rapporti tra le marine, creando una win-win solution in cui tutti imparano dagli altri”, aggiunge.
L’intervista ha offerto anche un momento di riflessione sulla memoria storica: “Celebrare il 4 novembre non significa solo ricordare il passato, ma anche comprendere l’importanza della cooperazione internazionale. La Prima Guerra Mondiale è stata tragica, ma ha lasciato un’eredità di unità nazionale e di collaborazione che ancora oggi guida il lavoro delle Forze Armate italiane nel mondo”.
Concludendo, il Colonnello rivolge un messaggio alla comunità italiana: “Ringrazio personalmente tutti coloro che si adoperano ogni giorno per tenere alto il nome delle Forze Armate italiane qui in Australia e che si impegnano con passione nelle associazioni d’arma. Il mio mandato termina, ma porto con me il ricordo indelebile di questa terra meravigliosa, delle nostre comunità e delle straordinarie esperienze condivise”.
Quest’anno, quindi, celebrare l’Unità d’Italia e le Forze Armate serve anche a valorizzare il lavoro quotidiano dei militari italiani all’estero, l’importanza dei rapporti con l’Australia e con altri partner strategici, nonché il ruolo delle comunità italiane nel mantenere vivi i legami con la madrepatria. Come ricorda il Colonnello Bertoli, “tutto ciò serve non solo a commemorare, ma a costruire relazioni durature e solide”.
