Avvisi, avvisi e avvisi… di coerenza smarrita

di Emanuele Esposito

Che tempaccio a Milano.  Non solo piove cemento sulle carte dei progetti edilizi, ma anche piovono avvisi di garanzia come coriandoli a Carnevale. 

Peccato però che nessuno stia festeggiando. Anzi, il sindaco Sala – visibilmente scosso – grida allo scandalo: “Allucinante apprendere di essere indagato dai giornali”. 

E come non comprenderlo? È spiacevole, certo. Ma – verrebbe da dire – benvenuto nel club, caro Beppe.

Già, perché da queste parti, certi “metodi” si conoscono da tempo. Correva l’anno 1994, il G7 era a Napoli, e mentre Berlusconi presiedeva un vertice con i grandi della Terra, il Corriere gli recapitava in prima pagina un avviso di garanzia. 

Un elegante colpo di scena in mondovisione. Allora nessuno a sinistra parlò di “metodo allucinante”. Al contrario, si stappava più di una bottiglia. La macchina del fango, con la frizione ben oliata, macinava chilometri.

Ma oggi, sorpresa delle sorprese, quei metodi indignano. Ohibò! All’improvviso la prudenza è diventata virtù, il garantismo una bandiera e il silenzio un dovere civile. Magie dell’alternanzapolitica.

E qui entra in scena la Premier Meloni, che con l’aplomb della giustizia non a orologeria, afferma: “Io non sono mai stata convinta che un avviso di garanzia porti l’automatismo delle dimissioni. È una scelta personale, indipendente dal colore politico.” Applausi. 

Anche da parte nostra, perché questa posizione è sempre stata nostra, anche quando non faceva audience. 

Non brindiamo sulle disgrazie altrui. Né oggi, né ieri. Ma qualcuno dovrebbe spiegare tutto ciò alla segreteria del Partito Democratico. 

Quando tocca a un esponente del centrodestra, ogni sospetto è condanna, ogni inchiesta è colpevolezza, ogni aula di tribunale è uno studio televisivo con giudici-opinionisti. 

Quando invece si tratta dei “loro”, la parola d’ordine è cautela. “Aspettiamo la magistratura.” Giusto. Ma non sarebbe ora di aspettarla sempre, non solo quando fa comodo?

E intanto a Palazzo Marino si cercano risposte, mentre le perquisizioni fanno il giro degli uffici. L’inchiesta è ampia, 74 indagati, accuse gravi: corruzione, falso, induzione indebita, lottizzazione abusiva. 

Nomi noti, archistar come Stefano Boeri, manager e amministratori. Ma attenzione: indagato non vuol dire colpevole. Lo ripetiamo anche oggi, come lo ripetevamo ai tempi di Berlusconi. 

E a differenza di altri, non cambiamo disco quando cambia l’indagato. 

Il vero problema è questo doppiopesismo culturale e politico. Quella tentazione irresistibile di salire sul pulpito della moralità a giorni alterni. È questo che logora la fiducia. 

Non le inchieste in sé, ma l’ipocrisia con cui vengono maneggiate. Caro sindaco Sala, noi non la giudichiamo, né la assolviamo. 

Ma le diciamo una cosa chiara: ha ragione a sentirsi amareggiato. Solo, si ricordi che questa amra medicina è stata spesso somministrata anche ad altri, senza troppi scrupoli. 

E chissà, forse da tutto questo potrebbe nascere una buona idea: quella di fondare finalmente un fronte bipartisan del garantismo, dove destra e sinistra smettano di suonare trombe e tamburi solo quando conviene. Sarebbe la vera rivoluzione civile.

Nel frattempo, noi continueremo a non brindare. Né per lei, né contro di lei. 

Aspetteremo – con coerenza – il verdetto della giustizia. 

E magari, tra un avviso e l’altro, anche quello della coscienza. “Chi è senza contraddizione, scagli il primo comunicato stampa.”