Bisognerebbe imparare a non censurare

Bisognerebbe imparare a non censurare chi la pensa in maniera diversa. Facile da scrivere ma molto difficile da attuare. Fino a che punto siamo disposti a tollerare l’odio quando “la città è nelle mani degli stolti – dissero al sovrano i messi di una città in rivolta – Ma i “savi” che fanno? – chiese loro Re Carlo d’Angiò.

“Ho il diritto di avere le mie opinioni e di esprimerle. Sono stufato a sentirmi dire cosa mi sia permesso di dire o di pensare” scrive Vik van Brantegem, assistente della Sala Stampa della Santa Sede.

L’Italia ha recentemente assunto la Presidenza del Consiglio d’Europa e il Ministro Di Maio ha presentato le priorità. “Costruire un futuro incentrato sulle persone” partendo “dai diritti delle donne e lotta a violenza di genere, diritti umani, democrazia, Stato di diritto.”

Slogan! Soltanto slogan, che all’atto pratico infrangono la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. “La libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee [deve avvenire] senza ingerenza da parte delle autorità pubbliche” e idealmente, “la libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati.”

Con l’avvento dei social è diventato lo sport nazionale attaccare le persone le cui idee o dichiarazioni sono ritenute sbagliate e offensive alle nostre idee. Non credo che questo sia un comportamento democratico (niente a che fare col partito che di democratico ha solo il nome) e, in ogni caso e fino a prova contraria, ognuno ha diritto a scrivere tutte le idiozie a cui crede.

Perché l’unico modo per sconfiggere le cattive idee è attraverso l’esposizione, l’argomentazione e la persuasione, non cercando di zittire o allontanarle. Ritengo che abbiamo bisogno di una cultura che ci lasci spazio alla sperimentazione, all’assunzione di rischi e persino agli errori. Dobbiamo preservare la possibilità del disaccordo in buona fede senza le conseguenze della censura.

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