di Emanuele Esposito
C’è chi viaggia per conoscere il mondo, chi per lavoro, chi per passione. E poi c’è chi viaggia… per rappresentarci. Da sette anni e sette mesi il nostro onorevole ha fatto del viaggio una missione. Un giorno a Bruxelles, l’altro a Chișinău, poi un salto a Roma — ma solo di passaggio, non sia mai che finisca in Aula a sentire discussioni “inutili” mentre il caffè costa più di un volo low cost per la Moldova.
Bisogna riconoscerglielo: ha un talento raro. È sempre altrove. Un record di viaggi, incontri e cene di rappresentanza… mentre le presenze in Parlamento restano più timide, come quelle a scuola nei giorni d’interrogazione. Ma non si dica che non ha fatto nulla! Un risultato c’è: l’Accordo di sicurezza sociale tra Italia e Moldova — traguardo importante per chi vive tra Modena e Chișinău, o per chi lì ha trovato una seconda patria. Ora, caro Onorevole, a 65 anni può serenamente andare in pensione.
Magari come ambasciatore delle tratte Roma–Chișinău o consigliere per la mobilità perpetua. Solo una preghiera: quando torna da uno dei suoi viaggi, si ricordi che noi italiani all’estero esistiamo davvero. Non siamo un timbro sul passaporto, ma cittadini in attesa della voce che avevamo affidato a lei. C’è poi chi parla… per abitudine. Da oltre dodici anni il nostro Senatore ha fatto della parola una professione. Sempre pronto a ricordarci quanto tenga agli italiani nel mondo, anche se, a giudicare dai risultati, sembrerebbe tenerci solo nei comunicati stampa. Ha attraversato governi, alleanze e stagioni politiche con la grazia di chi non sbaglia mai posto: sempre lì, un passo indietro dai problemi e un passo avanti alla pensione. Eppure, basta ascoltarlo per un minuto per capire che il disco è sempre lo stesso – e purtroppo non è un vinile da collezione. Parla di cittadinanza, di servizi consolari, di riforme epocali… ma i consolati oggi funzionano meglio senza di lui. Le pratiche si chiudono in 48 ore, mentre lui continua a riaprire discussioni chiuse da anni.
Non si offenda, ma forse è tempo di staccare il microfono. La politica non è una carriera a tempo indeterminato, è un servizio, e quando si smette di servire, si dovrebbe avere il coraggio di lasciare spazio a chi può ancora farlo. Se invece decidesse di restare, pazienza: proporremo la sua candidatura a Senatore a vita o magari alla santità. Perché solo un miracolo spiega tanta resistenza al cambiamento.
