Da un deposito di Montecitorio emerge una Gioconda

Il dipinto su tela – e Leonardo da Vinci non dipinse mai su tela – proviene dalla collezione Torlonia, e con una radiografia ai raggi infrarossi è stato scoperto che alcune correzioni paiono identiche a quelle sulla Gioconda del Louvre di Parigi

18 Febbraio 2022 – Una sorpresa che ha lasciato tutti spiazzati. In un deposito di Montecitorio è stato ritrovato un dipinto della Gioconda. A dare la notizia il sito de La Repubblica. “Si tratta di una copia del quadro del Louvre realizzata dalla bottega di Leonardo, forse addirittura con la sua stessa collaborazione”, ha detto il questore della Camera Francesco D’Uva che si è privato della tela (ma il dipinto era su tavola e nel ‘700 è stato staccato dal suo supporto originario) per esporlo nella sala Aldo Moro di Montecitorio.

La copia della Monna Lisa appare sul sito parlamentare “ArteCamera”, accompagnata da una breve scheda redatta dagli studiosi della quadreria statale di appartenenza che si sono guardati dal parlare di “bottega di Leonardo” o di “mano del maestro”, definendola “una copia che aspira a replicare diligentemente il suo modello”, la Gioconda del Louvre. 

La prima “sorella gemella” della Gioconda, una copia (quasi) perfetta del quadro di Leonardo Da Vinci, la tela più famosa al mondo ospitata al Museo del Louvre di Parigi, era stata trovata a Montecitorio a inizio dicembre 2022, durante alcuni lavori nel palazzo del potere italiano per eccezione. I lavori di restauro sulla tela avevano poi rivelato che dietro ci potrebbe essere stata la “mano” di Leonardo Da Vinci.

Quel quadro, non sarebbe una copia, secondo i riscopritori. O meglio, non sarebbe una copia volgare, fatta da un dilettante. Alcune radiografie fatte sulla tela hanno rivelato che dietro all’opera ci sarebbe appunto la “mano” di Leonardo da Vinci. Forse è stato proprio il grande pittore toscano a dipingere il quadro, o, nel peggiore dei casi, potrebbe essere stato uno dei suoi allievi. Una cosa è certa, la Gioconda è stata “dimenticata” a Montecitorio per quasi un secolo in un angolo a prendere polvere. Il quadro era appeso all’ufficio del questore. Questo fino a quando il senatore Stefano Candiani della Lega ha pensato bene di chiedere un restauro e un’indagine. Da qui si è scoperto che il quadro non era una replica, ma che appunto dietro ci poteva essere stata la mano dello stesso Grande Maestro. “Se così fosse”, ha detto Candiani, “saremmo difronte a un capolavoro da milioni di euro, che meriterebbe di essere appeso in un museo”.

A restaurare il dipinto è stata Cinzia Pasquali, e sulle restauratrici che confondono fasi per vere ne son piene le cronache, pur essendo tra le restauratrici più famose al mondo. Romana ed esperta di Leonardo da Vinci, vive da oltre 25 anni a Parigi e lavora al Louvre. È l’autrice di quello che è stato definito il “restauro del secolo”: la “Sant’Anna con la Vergine e il Bambino”, proprio di Da Vinci. Quando si è accorta delle analogie con la “vera” Gioconda, ha chiamato Vincent Delieuvin, capo curatore dei dipinti per il Louvre, che ha preso il primo volo per Roma.

L’opera è nota anche come Gioconda Torlonia perché in passato è stata di proprietà della nobile famiglia romana, ed è una delle decine di copie esistenti della celeberrima Monna Lisa di Leonardo da Vinci. Non è neanche tra quelle di miglior qualità menzionando anche l’opera che adesso si vuole far passare come appena scoperta). Si tratta di un dipinto dalla storia ben nota: documentata nel 1814 negli inventari dei Torlonia come “copia della Gioconda di Leonardo da Vinci” (fu attribuita a Bernardino Luini da Giuseppe Antonio Guattani, ma anche quest’attribuzione poi decadde in quanto troppo debole), entrò a fa parte della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini nel 1892, dopodiché, nel gennaio del 1927, fu concessa in deposito alla Camera dei Deputati, e da allora si trova a Montecitorio..

Lapidario anche Vittorio Sgarbi: “Macché seconda Gioconda! È solo una modesta tela! Roba da arredamento confusa da menti ottenebrate”, ha detto il vulcanico storico dell’arte ferrarese. “Una modesta tela esposta in un palazzo pubblico, nell’Ufficio del Questore di Montecitorio, è stata fatta passare come una seconda Gioconda di Leonardo, che, per inciso, ha fatto fatica (ci ha messo 5 anni) a dipingerne una. 

L’eccitazione di menti ottenebrate ha evocato con grande suggestione magazzini, depositi, polvere, evitando l’unica parola pertinente: arredamento! E cioè quello che solitamente, provenendo dai depositi di un museo viene chiesto, a partire dalla Camera e dal Senato, e poi da ambasciate e prefetture, per arredare sale aperte al pubblico, come da anni è Montecitorio.