Anno nuovo, commedia nuova? Dove una volta riecheggiavano risate, melodie italiane e discorsi accesi sul contributo degli italiani al tessuto culturale australiano, oggi regna un silenzio interrotto solo dai passi di potenziali affittuari o compratori armati di brochure e sguardi da valutatori immobiliari.
Sì, avete capito bene: il Centro Culturale dell’Italian Forum, o meglio il Ground 30A, è ufficialmente sul mercato in cerca di un affittuario o meglio ancora di un compratore. Non per essere un luogo di cultura viva e vibrante, ma per diventare l’ennesima “location esclusiva”, “un’opportunità unica nella vita” con “cucine commerciali completamente attrezzate” e fino a “23 parcheggi sotterranei”. Forse un’altra sala per matrimoni alla moda? O una chiesa protestante? O una palestra boutique?
Le opzioni sono infinite, tranne quella di restituirlo alla comunità italiana che lo ha ispirato, sognato e realizzato. Ma ve le ricordate voi quelle promesse? Nel 2013 sembrava che il futuro dell’Italian Forum fosse in mani sicure, o almeno così ci avevano fatto credere. Quando Italian Forum Limited (IFL) si ritrovò a chiedere l’amministrazione controllata straordinaria, SV Partners prese il timone come liquidatore, e subito iniziò una vivace danza di dissenso con il Consiglio Comunale di Leichhardt per chi doveva accaparrarsi il Centro Culturale.
Il sindaco di Leichhardt, Darcy Byrne, con tanto di bandiera dell’interesse pubblico, si lanciò in dichiarazioni appassionate: “Tutelare l’interesse pubblico è la nostra priorità!” disse, probabilmente stringendo il pugno in aria per sottolineare il punto. E poi, con il cuore gonfio di speranza, dichiarò ai media: “Il Co.As.It. è il baluardo della comunità italiana. Questa vendita assicurerà che la comunità italiana rimanga a Leichhardt per sempre.”
Per sempre? Forse sarebbe meglio non controllare troppo da vicino cosa significhi “per sempre” nel dizionario di certi politici locali, visto che il 31 marzo 2023, il Co.As.It., divenuto proprietario del centro culturale con l’offerta più bassa di appena 2.8 milioni, ha annunciato che il Forum sarebbe stato venduto alla compagnia di sviluppo edile “Redstone”. In un comunicato ufficiale, il Co.As.It. aveva rassicurato la comunità che ci sarebbe stata una “consultazione comunitaria trasparente e aperta” per decidere il futuro della struttura. Trasparente, forse, ma aperta forse soltanto al miglior offerente.
E parlando di offerte, passiamo quindi ai numeri che contano. L’immobile è ora disponibile in affitto per la modica cifra di $380,000 Netti + GST all’anno. Preferite qualcosa di più permanente? Nessun problema: il prezzo di vendita parte da $11 milioni + GST, e, come ciliegina sulla torta, ci sono 40+ parcheggi inclusi nel titolo (perché si sa, il parcheggio è più raro della pasta al dente a Leichhardt).
Come se non bastasse, la presenza di “Actors Centre Australia” – che nel 2014 aveva ottenuto dal liquidatore SV Partners un contratto di affitto di 20 anni – sembrava garantire una parvenza di attività culturale continua. Tuttavia, anche loro hanno abbandonato il Forum l’anno scorso, trasferendosi nel più moderno Wentworth Park Sporting Complex a Glebe. Ora, il Centro Culturale resta vuoto, una cattedrale nel deserto culturale di Leichhardt, pronto per essere trasformato in qualunque cosa il miglior offerente desideri.
Eppure, tra lo sgomento e la rassegnazione, non si intravedono incontri comunitari per discutere le prospettive del centro, né azioni concertate di lobby presso i politici locali per difendere gli interessi della comunità. Ancor più assordante è stata l’assenza di cordate di associazioni, di giornalisti di lunga carriera e di conosciuti promotori di iniziative legate agli aspiranti santi, che un tempo univano la comunità in eventi di grande partecipazione.
Saranno tutti troppo impegnati a scrollare nostalgiche foto d’archivio su Facebook o lamentarsi di chi osa sottolineare la drammaticità della situazione? La sensazione generale è che le decisioni siano state già prese, lontano dalla gente, per piazzare grazie ad un “agente esclusivo” le strutture all’avanguardia, dotate di eccellenti arredi del Centro Culturale, ovviamente con nessuna considerazione per l’importante patrimonio culturale che andrebbe salvaguardato “per sempre”.
Anche il famoso “Covenant” che obblighi il probabile affittuario o acquirente a rendere disponibili i locali al pubblico sembra sparito nel nulla. D’altronde, chi ha tempo per l’insidioso cavillo governativo quando puoi “arrangiare una visita privata” e discutere di “zoning” e “fit out”? Il centro culturale, una volta progettato come il cuore pulsante della vita italiana a Sydney, ora sembra più un cuore da trapiantare nel torace di una corporate anonima.
Con i suoi “350 posti a sedere” e “un’area espositiva”, potrebbe ospitare spettacoli teatrali, mostre d’arte e incontri comunitari. Ma perché accontentarsi di attività così poco redditizie quando si possono attirare imprenditori pronti a servire brunch con avocado a 60 dollari a porzione o pacchetti di matrimoni a 200 dollari a testa? A parte farne un club o un bordello, lo “zoning” permette un’ampia scala di usi. Meglio approfittarne subito!
C’è qualcosa di poeticamente ironico nel leggere che il Centro Culturale dell’Italian Forum si trova “nel cuore di Leichhardt”, il quartiere che un tempo era il bastione della cultura italiana. Oggi, forse, il vero cuore batte più forte in qualche ristorante familiare o club sociale in zone ben distanti dalla Norton Street, dove gli anziani non discutono più animatamente del passato e neanche i giovani riescono più a decifrare come si sia arrivati a questo punto.
La promessa di preservare l’identità culturale del Forum sembra ora un lontano miraggio, tradita dall’inerzia e dall’apparente predominio di interessi economici su quelli culturali e sociali. Il vuoto lasciato dall’assenza di iniziative concrete per rilanciare il centro come polo culturale ha alimentato un senso di disillusione tra i membri della comunità italiana.
Ma non preoccupatevi. Mentre il futuro del Centro Culturale si decide tra le proposte commerciali, nulla sa di epico come un’icona sacrificata definitivamente sull’altare della speculazione.
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