Le aquile scelgono la roccia più alta e impervia per fare il proprio nido. Potrebbero farlo comodamente sul melo come i passerotti, ma l’aquila è un uccello che non si accontenta delle cose facili e “osa”.
Così inizia raccogliendo rami e frasche che intreccia piegandoli con la forza del suo becco rapace. A seguire, mamma e papà aquile, insieme, cominciano a riempire il nido di muschio e piume che strappano dalla loro pelle del ventre. Non disdegnano le penne che intrecciano con le piume in modo più o meno circolare, in modo che coprano tutti i fori e rendano il nido morbido e caldo.
Quando il nido è diventato così caldo e morbido, la femmina depone da uno a tre uova ogni primavera ma sono entrambi, femmina e maschio, che incubano le uova e, trascorsi 35 giorni, nascono gli uccellini.
Finché sono così piccoli, nudi e inermi, i genitori li coprono con i loro corpi, con le loro ali li proteggono dalla pioggia, dal sole ardente, portano a loro acqua e cibo e così i piccoli crescono: iniziano a spuntare le loro prime piume attorno al ventre, rinforzano le ali e la coda fino a quando…
Dopo 12 settimane di vita, gli aquilotti diventeranno forti ed in grado di essere autonomi, ma prima…
La mamma e il papà non hanno bisogno di consultare il manuale per constatare che è arrivato il momento giusto …
Il papà siede sul bordo del nido e inizia a battere le ali scuotendo e battendo il nido per fare in modo che tutte le piume morbide cadano giù e nel nido rimangano solo i rami intrecciati e piegati.
È il momento in cui gli aquilotti si trovano nel nido rigido e scosso, si sentono scomodi e non capiscono cosa stia succedendo… Ma come, mamma e papà prima erano talmente teneri e cari mentre adesso…
In questo momento mamma aquila sta volando da qualche parte…
Sì, ha preso un pesce e adesso si siede a circa cinque metri dal nido, in modo che gli aquilotti possano osservare; poi, davanti ai sui uccellini, comincia a mangiare il pesce pian piano. Gli aquilotti stridono, non capiscono cosa succede e perché prima tutto era diverso.
Mamma e papà li nutrivano, li dissetavano, li coccolavano, li proteggevano ma ora tutto è cambiato: il nido è diventato duro e freddo, dentro non ci sono più le piume e i genitori stessi si saziano di pesci senza dividerli con loro.
Intanto la fame morde, ed essi comprendono che, per potere mangiare e saziarsi, devono uscire dal nido, dovranno cavarsela da soli.
Così provano facendo movimenti maldestri che non hanno fatto mai prima: provare a venir fuori dal nido, scendere attraverso i rami dell’albero e… la goffaggine è evidente: l’aquilotto non sa come e cosa fare, non sa nulla, eppure il mondo è tutto davanti ai suoi occhi che si sforzano di aguzzare la vista.
Il nido si trova su un alto albero della ripida scogliera e sembra che sia stato fatto proprio lì in modo tale che nessuno possa avvicinarsi.
L’aquilotto prova a scendere strisciando con la sua pancia, una volta, due, e poi… cade in giù per la scogliera.
Ma ecco che il padre, che stava ad osservare mezzo nascosto dalle fronde dell’albero, si precipita in volo verso il basso, facendo in modo che l’uccellino gli cada sulla schiena e non si ferisca. E poi, sulla sua schiena, lo riporta al nido scomodo, fatto a bella posta su una roccia e tutto… ricomincia daccapo.
Il primo, il secondo, il terzo, gli aquilotti provano e riprovano, essi cadono ma il loro padre li prende. Nessuno dei piccoli muore.
Quanto dura l’allenamento? Non si sa esattamente, tranne che, ad un certo punto e dopo le prime cadute, gli uccellini cominciano a fare una strana mossa che non hanno fatto prima: espandono le loro ali e, cadendo nel flusso d’aria, cominciano a volare.
Adesso ogni aquilotto può farcela da solo, dovrà farcela da solo e, da solo, dovrà imparare a sopravvivere.
Appena ognuno inizia a volare, i genitori si fanno seguire nei luoghi dove ciascun aquilotto potrà trovare il suo cibo preferito: i pesci. I genitori non imbeccheranno più i loro nati.
Gli aquilotti sono diventati autonomi, sono aquile a tutti gli effetti.
Qui termina la storia dell’aquila e comincia quella del nostro settimanale Allora!
Come le aquile, non ho scelto la via facile, accessibile. Mi sono messo in testa di trasformare un giornalino bimestrale in un giornale settimanale per la Comunità Italiana in Australia.
Non mi sono strappato le penne, ma tutto il resto sì.
Con gli occhi incollati al computer per ore e ore, ho atteso feste ed eventi della comunità e ho cercato storie ed articoli interessanti da pubblicare nelle 24 pagine.
E cadesse il mondo, ogni martedì mattina ho messo il giornale in stampa prima dell’alba.
I miei pulcini, bravi collaboratori indubbiamente, non hanno mai dubitato che il giornale uscisse in tempo.
Ma neanche hanno dovuto preoccuparsi più di tanto, perché sicuri che il “vecchio” sempre fa di tutto per far uscire il giornale in tempo.
Avevo chiesto un modesto contributo per l’editoria all’ufficio della Farnesina al fine di potere stipendiare part-time un apprendista che mi desse una mano, anche perché, alla mia età, passare tutta la vita davanti ad uno schermo piatto non è la vita migliore per un pensionato.
Niente da fare. Chi doveva dare un parere ha espresso parere contrario, in parte per inesperienza sul proprio ruolo, in parte per ripicche personali che, francamente, non hanno nulla a che fare con il benessere della comunità.
Poi, a giornale pubblicato, tutti contenti per la bellissima edizione e … Pronti a cominciare il prossimo numero di Allora!
Non resta che buttare giù dal comodo nido i miei collaboratori, sperando che non vadano a fracassarsi contro le rocce sottostanti.
Un paio di volte proverò a prenderli al volo, seguendo il loro “primo volo” da 16.000 chilometri di distanza.
Dopo, ne sono sicuro, impareranno a volare da soli e Allora! diventerà più bello, più giovane, più interessante.
E uscirà regolarmente tutti i mercoledì nelle edicole del NSW e ACT…
E buon viaggio a me!
Franco Baldi
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