La pazzia di essere libero

 Di solito, lascio la prima pagina per ultima. Di solito pubblico la notizia che, a mio modo di vedere, si sposa meglio con attualità e interessante. Ma oggi piove. Che scrivo? Che piove? Troppo ovvio, lo sanno già tutti, come quando leggiamo certa stampa locale con le notizie vecchie già lette e sentite da almeno una settimana. Tra pochi giorni parto per le mie vacanze-lavoro, mascherate da turismo di ritorno, tanto caro ai nostri due politici che abbiamo eletto per rappresentarci, ma… lasciamo perdere. 

Dalla cartella “non si sa mai” ho trovato una frase che rispecchia al 100% il mio stato d’animo del momento. Non che nessuno mi abbia ancora chiamato matto, ma tutto il resto sì. È una frase che lessi molti anni fa e che ho trascritto a memoria, forse tralasciando qualcosa, ma pur sempre piena di significato. 

Durante un’intervista televisiva, qualcuno chiese ad Antonio Ligabue (Zurigo, 18 dicembre 1899 – Gualtieri, 27 maggio 1965) come mai la società lo riteneva un pazzo.

Ammetto che Ligabue mi ha sempre affascinato come pittore, ma non conoscevo il suo amore per la libertà, per il rifiuto di sottomettersi, per essere se stesso senza seguire stereotipi ed obbedire a leggi ingiuste.

“Mi dicono che sono pazzo e irresponsabile. Solo perché non seguo la massa degli obbedienti, non ascolto i proclami del potere, non mi drogo con la televisione e non mi faccio prendere per il culo dai politici. Mi dicono che non valgo nulla, come se il valore fosse dettato dall’obbedienza, dal silenzio della violenza, dal mettersi in ginocchio davanti ai governanti, dal copiare gli altri, dal seguire le loro leggi.

E allora io rispondo: Se questo è il vostro valore, allora io sono ben lieto di non valere nulla, di essere un semplice pazzo senza valore. La pazzia è continuare a credere che possa esistere un potere buono”. 

Questo breve testamento, ancora oggi è per me la prova che in una società come la nostra serve la pazzia per essere normale. I veri pazzi sono quelli che si inchinano, che obbediscono ciecamente, che si lasciano influenzare dalla televisione e, soprattutto da coloro che se ne stanno in silenzio e non hanno il coraggio di denunciare il sistema.

Ecco, ora resta solo il tempo di mandare in stampa, fare la valigia e… a risentirci dall’Italia.

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