Policy di Esclusiva

Non è un mistero che, da sempre, nella comunità italiana in Australia esistano realtà in cui l’interesse privato prevale su quello collettivo. Che si tratti di contributi pubblici, esposizione mediatica, comitati politici, associazioni culturali o fondazioni benefiche di ogni tipo, il rischio che si formino cerchie chiuse e privilegi consolidate è reale. Negarlo sarebbe da stupidi.

La scorsa settimana, durante una conversazione tra amici, qualcuno si lamentava addirittura di chi riesce a lucrare perfino sui necrologi. La comunità si fa anziana e alle vedove viene chiesto fino a oltre $600 per una foto e un testo di una colonna. 

Modestamente, ho spiegato che almeno noi di Allora! chiediamo lo stretto necessario per la pubblicazione, spesso nulla o certamente molto meno di quanto indicato nel nostro Media Kit. Questo perché riteniamo che guadagnare sulla morte delle persone e sulla debolezza dei familiari in lutto non sia il massimo dell’etica.

Il discorso si allarga poi alle grandi feste italiane organizzate un po’ ovunque, dalle metropoli alle aree rurali. Eventi che, purtroppo, spesso risentono di una certa “lottizzazione” degli spazi, dei media sponsor e delle collaborazioni. Quelle che dovrebbero essere celebrazioni dell’italianità, diventano “affari all’italiana”, incentrati su chi può guadagnarci qualcosa e mantenere il proprio tornaconto economico.

 Basti pensare che per salvaguardare queste incresciose realtà ci si abbassa ad accordi segreti con “policy di esclusiva” e con priorità a sedicenti “realtà già consolidate.” Ai giorni d’oggi e in un paese come l’Australia, un simile sistema lo si definisce con una parola chiara: cartello.

E qui non parliamo di un semplice giudizio morale: pratiche di questo tipo sono illecite e perseguibili. L’Australian Competition and Consumer Commission (ACCC), ad esempio, invita esplicitamente chiunque venga a conoscenza di comportamenti riconducibili a cartelli a segnalarli attraverso il proprio sito web ufficiale.

Detto ciò, bisogna riconoscere che la comunità italiana è ricca di talenti, energie e iniziative che vanno lodate e supportate. Ma per crescere davvero occorre garantire trasparenza, apertura e un sano spirito di concorrenza, mettendo da parte interessi privati e logiche di esclusione. Solo così potremo parlare di veri e propri “Festival” – liberi, accessibili ed inclusivi.