Negli ultimi anni, la diplomazia italiana in Australia sembra finalmente aver fatto un salto di qualità. Per troppo tempo, Consolati e Istituti di Cultura hanno dato l’impressione di funzionare come entità distanti, burocratiche, incapaci di dialogare davvero con la comunità, captarne il valore e offrire loro delle piattaforme di crescita culturale.
D’altra parte, la comunità italiana stessa si è mostrata frammentata, spesso vittima di personalismi, rivalità e dinamiche che il grande Leonardo Sciascia definiva caratteristica di “omini, mezz’uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà”. Un quadro stagnante e debilitante, che ha rallentato crescita, coesione e capacità di incidere nella società australiana. Mentre le altre etnie hanno enti di rappresentanza comunitaria efficaci, almeno nel NSW, la preoccupazione di un presidente che non rappresenta nessuno e dei suoi adepti è su chi deve essere insignito con qualche premio “dell’anno”.
Oggi, andati via certi soggetti la cui carriera è stata probabilmente frutto di qualche raccomandazione, finalmente, si osservano segnali di apertura. La diplomazia italiana appare più attenta, più partecipativa e decisamente più competente.
Eventi culturali, conferenze, momenti di incontro pubblico e iniziative educative mostrano una volontà concreta di costruire relazioni, ascoltare, coinvolgere. Non più protocolli formali isolati o la scusa del Covid ma presenza reale e costante. Una diplomazia che, seppur lenta a decollare, comincia a incarnare ciò che da anni si chiedeva: un ponte tra istituzioni e comunità.
Questo cambio di passo è vitale, se non fosse che la nostra comunità italiana in Australia è ancora tragicamente divisa. Le tensioni interne – gelosie, campanilismi, atteggiamenti da piccolo potere – hanno generato una cultura di stagnazione. Troppi si nascondono dietro slogan e formalismi, pochi lavorano davvero per un bene collettivo. Ecco perché la diplomazia attiva può diventare un esempio e, forse, un collante.
Inoltre, la valorizzazione delle esperienze locali indica una nuova attenzione: associazioni, progetti culturali, iniziative educative, storie di successo non vengono più ignorati. L’istituzione italiana inizia a riconoscere che la comunità è un organismo vivo, con talento e risorse da guidare e sostenere.
Adesso tocca a noi trasformare la mediocrità in credibilità.
