Un passo avanti

Questa settimana, una notizia positiva ha fatto capolino: il COMITES del New South Wales ha approvato due progetti a favore della lingua e della cultura italiana. Una notizia che, a dire il vero, non dovrebbe nemmeno fare notizia. L’approvazione di iniziative che tutelano e promuovono la nostra lingua e la nostra cultura dovrebbe essere la norma, non l’eccezione. Eppure, negli ultimi anni, l’automatismo che avrebbe dovuto sancire questa approvazione si è troppo spesso piegato agli interessi di chi proponeva, anziché al merito dei progetti stessi.

Tuttavia, il fatto che i progetti siano stati accettati è un buon segno, con un chiaro vincitore: la lingua e la cultura italiana. Un risultato positivo, sì, ma che non può nascondere il fatto che, dietro questa approvazione, rimangono molte domande e qualche perplessità.

Innanzitutto, dei due progetti si sa poco o nulla. Nonostante l’importanza che dovrebbero rivestire, sono stati tenuti lontano dai riflettori. Uno dei progetti, in particolare, sembra essere gestito da un ente responsabile che si prende molta cura nel mantenere l’intero processo nel più stretto riserbo. Eppure, dovrebbe essere evidente che, quando si attinge alle risorse di tutti, la trasparenza non è un optional.

Questa riservatezza, a dir poco sconcertante, mi fa riflettere. Come può essere possibile che, in un contesto in cui la cultura italiana in Australia rischia costantemente di essere marginalizzata, si possano presentare progetti senza praticamente presentarli.

Per quanto mi riguarda, spero vivamente che i vecchi rancori, che sembrano risalire a un’epoca di “litigi da asilo”, vengano finalmente messi da parte. L’importanza di sostenere i progetti culturali non dovrebbe avere nulla a che fare con le rivalità personali o politiche, ma con il benessere e la crescita della nostra comunità. Forse sarebbe il caso di iniziare a considerare questa questione come una lezione di educazione civica: è ora di crescere e di mettere da parte le piccole beghe, almeno per il bene della nostra lingua e cultura. In ogni caso, è un passo avanti. Certo, ancora troppo piccolo rispetto alla vastità del lavoro da fare, ma pur sempre un segno che, forse, le cose stanno cambiando.