Il governo federale australiano ha annunciato l’ultima presa in giro sul tema dell’emigrazione. Si tratta dei Working Holiday Visa per gli italiani, che a partire dal 1 Luglio 2022, saranno in grado di ottenere questa tipologia di visto fino al 35esimo anno d’età.
Assurdo pensare che quanti generalmente dovrebbero già trovarsi ad essere padre o madre di famiglia e si sono stancati del malcostume e della corruzione italiana arrivino in Australia con figli a carico a fare il raccogli-frutta o per trascorrere un anno sabbatico in a bordo di un backpacker van.
Ancora una volta, con questa nuova riforma, a vincere non sono i detentori di visto Working Holiday, ma il precariato nel lavoro, lo sfruttamento e l’incertezza, possibilmente per interi nuclei familiari. È fin troppo fresco lo scandalo di giovani maltrattati e abusati, anche sessualmente, mentre si trovavano in un visto vacanza-lavoro nelle fattorie australiane.
Non lascia spazio ad altre interpretazioni quanto affermato dal Ministro dell’Emigrazione Hawke, ovvero che “questa iniziativa aiuterà ad affrontare la carenza di forza lavoro sperimentata in tutta l’Australia, in particolare nelle aree regionali e remote”. Siamo di nuovo punto e a capo.
Chi nel settore redditizio degli studenti internazionali considera quest’ultimo cambiamento una buona notizia purtroppo non ha a cuore il futuro della nostra comunità italiana d’Australia. Serve invece una maggiore lobby per una riforma dell’emigrazione che miri a rafforzare i visti permanenti e favorisca il ricambio generazionale nelle etnie maggiormente colpite dall’invecchiamento demografico.
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