In questi giorni si discute di un evento che sarà organizzato da alcune note organizzazioni della comunità italiana di Sydney nel mese di settembre per onorare Pier Paolo Pasolini. Fare i conti con il passato, a volte, risulta difficile ma è bene conoscere il soggetto prima di elevarlo ad icona della cultura italiana, soprattutto in Australia, dove un triste passato ci ha insegnato a condannare qualsiasi forma di violenza contro gli innocenti e i vulnerabili.
“È il 29 agosto del 1949, – scrive Melissa Aglietti – Pasolini non ha ancora trent’anni. Si trova alla sagra di Santa Sabina, a Ramuscello, in Friuli, dove incontra quattro giovani ragazzi del luogo, due quindicenni e due sedicenni: comincia a parlare con loro e gli offre da mangiare dei dolci. Poi i cinque si appartano in un campo lì vicino, con la scusa di raccogliere dell’uva. Pasolini comincia a baciare uno dei quattro e dopo si fa masturbare mentre gli altri guardano. Poi paga 10 lire al ragazzo. I giovani litigano e la voce arriva ai carabinieri: Pasolini viene accusato di atti osceni in luogo pubblico e corruzione di minore. I familiari dello scrittore intervengono e l’avvocato Bruno Brusin offre 100.000 lire a testa alle famiglie dei ragazzini per convincerle a non sporgere denuncia. Pasolini e i due sedicenni sono condannati per atti osceni a tre mesi di reclusione che, però, non sconteranno mai per effetto dell’indulto (l’appello si concluse con l’assoluzione, perché “era troppo buio”, ndr). In seguito allo scandalo, Pasolini viene espulso dal PCI e sospeso dall’insegnamento.
In un’intervista al Sole 24 ore, Alberto Arbasino racconterà che “verso le undici di sera, mentre si era ancora lì a tavola, c’era Pasolini che cominciava ad agitarsi un po’. La Elsina (Elsa Morante ndr.) gli diceva: Vai, vai pure Pier Paolo perché sennò (i ragazzini ndr) non aspettano” …
Allora, la pedofilia non era un concetto chiaro e diffuso come termine, né si pensava alla maggiore o minore età e aggiungendo che i ragazzini non avevano né moto, né biciclette, né altro, era possibile che in certi quartieri stessero sotto la propria casa aspettando che Pier Paolo arrivasse. Una storia triste dal punto di vista della povertà sociale e una storia anche amorale dal punto di vista umano con cui, ancora, non abbiamo fatto i conti. Perché? La ragione sta nel fatto che non riusciamo a leggere il nostro passato con occhi critici, figli di una cultura che facilmente glorifica Pier Paolo Pasolini piuttosto che esaminarlo. Per ingenuità, ma soprattutto per pigrizia”.
Si potrebbe anche aggiungere che Pasolini fu un uomo di grande cultura ma anche un pedofilo che oggi scriverebbe dal carcere. Lo sapevano tutti, ma ancora qualcuno, incluso alcuni membri del Comites NSW, si presta a spendere denaro pubblico per riabilitare un figura spregevole.
Egli stesso ammise i suoi abusi e fu perfino condannato nel 1950, nonostante avesse lautamente pagato le famiglie dei minori violentati per evitare la denuncia. Incredibilmente, fu assolto in appello solo perché il prato in cui era avvenuto l’abuso era una proprietà privata e il reato non poteva essere configurato come atto osceno in luogo pubblico. Non era certo la prima volta che Pasolini abusava sessualmente di ragazzi, ma quella volta la notizia arrivò sui quotidiani ed il Partito Comunista Italiano dovette espellerlo.
In molti, a partire dallo scrittore Marco Belpoliti, sostengono che la pedofilia fu anche causa del suo assassinio da parte del minorenne Giuseppe Pelosi. Lo stesso ragazzino dichiarò, in sede istruttoria, di essersi ribellato alle prepotenze sessuali di Pasolini. A tal proposito, Marco Belpoliti ha dichiarato che “Pasolini è diventato un martire, una sorta di profeta dei tempi che cambiano. Ma viene rimosso il fatto che il più grande intellettuale italiano, poeta, cineasta, romanziere, giornalista, editorialista, è stato anche, in qualche modo, un pedofilo: un tema tabù.
A maggior ragione se questo fatto è la radice stessa del suo poetare”. Sui media si fatica a riconoscere tutto ciò. Se per le vittime di un prete pedofilo degli anni ’50 si parla giustamente di “bambini violentati” o “bambini abusati”, le vittime di Pasolini vengono definite, da Stefano Feltri su Il Fatto, dei semplici “ragazzi di vita”.
Per l’attuale direttore di Domani, Pasolini non commise abusi sessuali, solamente «gli piacevano i ragazzini» ed ebbe «rapporti con ragazzi, anche minorenni ». Da notare la scelta del linguaggio soft. Eppure Gian Carlo Zanon ricorda che Pasolini pagava e “pretendeva lo sfruttamento fino alla prepotenza”, soprattutto di minori che venivano dai quartieri più poveri (come fece con i ragazzini africani), riflettendo giustamente che “questa normalità è legittimata da una cultura connivente che non sa vedere la distruzione psichica dell’identità umana di ragazzi e ragazze minorenni, colpevoli solo di appartenere al Sud del mondo”.
Il comportamento più controverso sul tema è, però, quello di Dacia Maraini, amica di Pasolini, oggi nota scrittrice. In una recente intervista, alla domanda se Pasolini fosse pedofilo, ha risposto: «Pier Paolo Pasolini non era un predatore sessuale. Non era un dominatore. Il suo approccio non aveva nulla di violento. Era ludico. Con i ragazzi giocava a pallone, scherzava, rideva. Cercava se stesso bambino. Poi, certo, faceva l’amore.
Aveva scoperto la sua omosessualità a sei anni, l’avevano perseguitato e irriso per questo”. Se per Feltri aveva “rapporti con minorenni”, per Maraini “faceva l’amore con i ragazzi”. Guai a parlare di abusi, violenza, prevaricazione di un adulto su un minore come si sarebbe detto se Pasolini fosse stato un prete. Ma in che modo un abuso sessuale sarebbe meno grave se compiuto sotto forma di gioco? Non è la prima volta che Dacia Maraini risponde così.
Anche nel 2017 ripeté che “Pasolini non imponeva mai la sua sessualità, al contrario voleva essere punito e maltrattato, aveva un rapporto di gioco col sesso e non di “presa”, da predatore. Leggendo “Petrolio”, si capisce esattamente qual era il suo atteggiamento con questi ragazzi con cui cercava di giocare; un gioco che sconfinava nel sesso ma che, ripeto, non era affatto di tipo impositivo”.
Un “gioco” malato e perverso, come ha testimoniato il suo fidanzato di allora, Alberto Moravia, anch’egli molto amico di Pasolini: “Negli alberghi africani aveva la fila davanti alla sua porta ed erano tutti giovani aitanti che, a volte, sbagliavano indirizzo e bussavano” ad un’altra porta. “Non si spiegava perché doveva sfinirsi fino allo svenimento, accettando l’amore a pagamento anche di cinquanta ragazzi a notte”.
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