di Emanuele Esposito
Entra nel vivo la manovra economica e, tra il consueto caos degli emendamenti, arriva una notizia che gli italiani all’estero aspettavano da decenni: l’abolizione dell’IMU sulla prima casa per gli iscritti AIRE è finalmente all’esame dell’Aula. La proposta, bipartisan, è guidata da Toni Ricciardi (PD) e sostenuta da maggioranza e opposizione.
Per una volta, le forze politiche parlano la stessa lingua: equità. Gli italiani nel mondo sono oggi gli unici cittadini a pagare l’IMU sulla prima casa non locata. Una stortura evidente, eredità di anni in cui chi era partito veniva trattato come un “bancomat a distanza”. Ricciardi, Di Sanzo (PD) e Di Giuseppe (FdI) lo hanno ribadito in Aula: non si tratta di privilegi, ma di normalità.
Chi vive all’estero continua a mantenere in Italia affetti, radici, borghi e case ereditate, custodite con sacrificio. Non sono speculatori: sono italiani. Punto. La casa nei piccoli centri non è solo un immobile: è un legame culturale e familiare che spesso permette ai borghi di non spegnersi.
Abolire l’IMU significa sostenere quelle comunità, generare consumi nei territori, incentivare rientri temporanei e attirare investimenti. Significa riconoscere che la diaspora è una risorsa strategica, non un capitolo di bilancio.
Di Giuseppe l’ha detto senza filtri: “Se smettiamo di trattare gli italiani nel mondo come un bancomat, possiamo trasformare l’inverno demografico in una nuova estate demografica”. La battaglia è a un passo dal traguardo e, per la prima volta, segue un iter ordinario, alla luce del sole.
Un gesto concreto, non simbolico: un atto di giustizia verso milioni di italiani che, anche lontano, non hanno mai smesso di chiamare casa l’Italia.Se questa riforma passerà, eliminare una tassa significherà restituire dignità.
E sarà un buon modo per ricostruire il rapporto, spesso ferito, tra l’Italia e i suoi figli nel mondo.
