La mia libertà

Quando parliamo di libertà di stampa dobbiamo ricordarci che non si tratta solo dei diritti dei giornalisti. La libertà di stampa è strettamente legata al diritto all’informazione. Quando quindi questa viene negata, le ripercussioni non sono solo sui giornalisti, ma su tutta la cittadinanza: ogni persona viene direttamente toccata da una privazione del genere. Arrestati o censurati i giornalisti; verità negata o nascosta ai cittadini.

Perché gli effettivi o aspiranti regimi autoritari limitano e tentano di annullare la libertà di stampa? Perché pensano che questa li possa danneggiare?

Penso che i motivi principalmente siano due: la verità e il giudizio critico. Il giornalismo ha l’incredibile capacità di poter unire le due cose. La verità è qualcosa di pericolosissimo per i regimi autoritari, tanto che infatti dosano bene cosa far trasparire dai comunicati ufficiali; se vengono scoperte e documentate informazioni o realtà che il regime non vorrebbe far trapelare.

Ed è inutile dire che non esiste libertà di stampa laddove non solo il giornalista non viene tutelato, ma rischia la persecuzione. Il giudizio critico invece, è probabilmente il principale nemico dei sistemi autoritari. 

Il giornalista, quando scrive un articolo criticando il regime o una decisione fatta dal governo, la rende oggetto di discussione. Esprimendo il suo giudizio, mettendo alla luce i danni, le cause o le conseguenze di una determinata scelta politica o del sistema in sé, fa sorgere domande al lettore che, impossibile il contrario, confrontando gli argomenti a sostegno della tesi che il giornalista porta avanti con quelli del governo, si farà un proprio giudizio dell’una e dell’altra tesi e in molti casi una propria opinione sull’argomento. 

Ed è questo che il regime autoritario vuole in tutti modi bloccare: il pluralismo. Ed è questo del giornalismo che fa maggiormente paura al regime: stimola l’animo critico. E dico fa paura al regime perché è esattamente questo che fa il giornalismo, gli fa paura. Perché altrimenti non ci sarebbe motivo di incarcerare e di bloccare in ogni modo i giornalisti. Vedi il caso Khashoggi, ho preso lui come caso esplicativo: le circostanze, i contesti, addirittura i paesi in questione possono cambiare, ma il punto è sempre lo stesso. 

È la parola che fa paura al regime, per i contenuti che esprime e gli effetti che provoca nel lettore. La parola viene espressa nelle testate dei giornali, che vengono tutelati dalla libertà di stampa e di conseguenza, l’unico tentativo di mettere a tacere la parola, è annientare la libertà di stampa.

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