di Emanuele Esposito
A volte le parole “ve le prendete con la pinza”, come chi si è indignato per i 250 euro di contributo per riottenere la cittadinanza italiana. Chiediamolo con semplicità: come pensate che si paghino i vostri stipendi? Quelli che percepite senza aver mai prodotto un risultato concreto, se non foto di gruppo, un comunicato e tanta aria fritta.
E ricordate: quell’aria fritta la paghiamo noi contribuenti. Questo governo – quello che certi “profeti del disastro” dicevano avrebbe portato l’Italia alla rovina – è stato l’unico a mettere nero su bianco una norma che ha permesso a migliaia di italiani di riacquistare la cittadinanza.
A Caracas, una donna di 74 anni, nata a Roma, ha riabbracciato il tricolore dopo settant’anni. A Sydney, Livia Verardo, 87 anni, ha baciato la bandiera tra le lacrime: emigrata nel 1939, dovette rinunciare al passaporto italiano.
Il 12 agosto 2025 il documento di cittadina è tornato nelle sue mani. Non è un gadget, ma identità e radici. Chi riduce tutto a “eh ma ci fanno pagare 250 euro” perde il senso. Oggi, chi non ha mai fatto nulla si erge a difensore del nulla, creando polemiche per distrarre dai risultati concreti. Alle prossime elezioni la domanda sarà semplice: chi ha riaperto i termini per il riacquisto della cittadinanza italiana? Non voi. Ciò che serve oggi è onorare il tricolore e capire che dietro ogni legge ci sono storie, volti e sacrifici. Il resto è rumore.
