Gli accademici continuano a domandarsi quali strategie bisogna impiegare per garantire la sostenibilità della lingua italiana in Australia. E qui il problema può essere interpretato sotto due aspetti diversi. Il primo, quello prettamente teorico, riguarda il mantenimento della lingua nella sfera domestica mentre i vocaboli continuano a mescolarsi con i dialetti e inglesismi peculiari delle comunità italo-australiane.
Chi conosce un po’ di storia della nostra comunità saprà che almeno sin dagli anni 30 si è cercato di preservare e sostenere la lingua italiana tra i connazionali che abbracciavano la via dell’emigrazione, attraverso i canali d’informazione, la radio, le classi d’italiano e la vita comunitaria. Davanti a questa realtà migratoria, studiosi come Leoni, Caruso, Rando, Bettoni, Hajek, Cavallaro e altri hanno analizzato, ponderato e discusso una miriade di fenomeni linguistici all’interno delle comunità italiane in Australia. Gli accademici, generalmente, concordano sul fatto che la lingua italiana sarà sostenibile soltanto se innestata all’interno di un contesto bilingue.
Il secondo aspetto, quello meno facile da concepire e rimasto ancora largamente inesplorato da parte degli accademici, riguarda invece il sistema di insegnamento e promozione della lingua italiana in Australia. Erede di quel clientelismo del secondo dopoguerra che ha finito per concentrare risorse, capitale, energie e professionalità all’interno di particolari enti, l’italiano in Australia è in buona parte soggetto ad un sistema “cartello”, con una singola organizzazione – quasi un monopolio – per ogni stato australiano che detiene esclusivi rapporti con le autorità governative e diplomatiche, al fine di garantire per sé l’erogazione di contributi pubblici ed evitare la nascita un sistema libero e di concorrenza.
Il fenomeno, iniziato a partire dai primi anni ‘80 del ‘900, ha determinato l’eliminazione di numerose piccole ma importanti realtà a livello locale sorte spontaneamente nelle maggiori metropoli australiane grazie al contributo di singoli insegnanti d’Italiano. Da un punto di vista di economia sostenibile, quindi, l’italiano in Australia è da considerarsi un vero e proprio fallimento. Davanti a questo dato, l’unico modo con cui il cartello della lingua italiana può sopravvivere in un mercato libero come l’Australia è quello di ottenere un riconoscimento e quindi una regolamentazione che imponga, per legge o di fatto, il rispetto delle condizioni desiderate dai membri del cartello stesso.
E così che in assenza di una vera e propria liberalizzazione del sistema di promozione della lingua italiana, la presenza degli enti gestori quali soggetti portatori di interessi privati nel contesto del Sistema Italia, del CGIE e dei Comites, mentre mira alla supervisione da parte delle autorità sui contributi erogati, rimane soggetta a clientelismi e sollecitazioni personali e politiche. La lingua italiana in Australia, o sarà sostenibile perché libera dal cartello e dai monopoli, o molto presto non sarà.
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