Perché la Cucina Italiana merita l’UNESCO

di Emanuele Esposito

Tra pochi giorni, a New Delhi, il Comitato intergovernativo dell’UNESCO deciderà se la Cucina Italiana entrerà a far parte del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. Il primo parere tecnico è già positivo, e questo basterebbe per considerare l’evento un momento storico. La cucina italiana non è soltanto gastronomia: è identità, cultura, memoria, educazione e relazione sociale. È un vero e proprio modo di vivere.

Non sorprende che il dossier di candidatura non citi ricette né ingredienti specifici: non si parla di carbonara, pizza o mozzarella. L’UNESCO non valuta la bontà di un piatto, ma il valore culturale di una pratica. E il cucinare all’italiana è una pratica viva, condivisa e strutturale, tanto quanto il Colosseo o il David di Michelangelo lo sono per il patrimonio materiale.

Il mondo spesso identifica la cucina italiana con un elenco di piatti iconici, ma il suo vero valore risiede altrove: nei gesti, nei saperi e nelle ritualità quotidiane che attraversano generazioni. Cucinare in Italia significa trasmettere tradizioni familiari, educare alla qualità e alla stagionalità, creare comunità attorno a un tavolo, trasformare ingredienti semplici in cultura e dare forma alla memoria collettiva. Come ricordano i curatori del dossier, Petrillo e Montanari, la cucina italiana nasce spesso povera ma ricca di intelligenza: è una cucina che non spreca, che valorizza e che inventa soluzioni.

È la cucina di Pellegrino Artusi, che già nel 1891 scriveva: «La cucina è la storia delle famiglie». Non c’è definizione più calzante. La Cucina Italiana è una tradizione dinamica: evolve, si reinventa, accoglie influenze esterne senza perdere il suo nucleo identitario. È sempre se stessa, ovunque vada, persino quando emigra. Le comunità italiane all’estero cucinano non per nostalgia, ma per identità: per restare italiane, mantenendo vivo il legame con le proprie radici.

Il dossier di candidatura introduce un concetto straordinario: quello dei “paesaggi gastronomici viventi”. Sono luoghi in cui il cibo non è solo prodotto, ma compenetrazione perfetta tra ambiente, tecniche artigianali, biodiversità, storia e comunità. È ciò che rende la cucina italiana unica al mondo: non un modello centralizzato, ma un arcipelago di culture locali, tutte diverse e tutte autenticamente italiane. Nessun Paese al mondo ha un rapporto emotivo con il cibo paragonabile a quello italiano. In Italia si cucina per amore, non per necessità. Le ricette diventano ponti tra generazioni, e la cucina è un atto affettivo prima ancora che culinario.

Questo legame emotivo è ciò che permette alla cucina italiana di accompagnare gli italiani in ogni angolo del mondo. È una “cucina degli affetti”, fatta di manualità, ingegno e affetto. Un pesto, un ragù o una mozzarella raccontano la storia di un territorio prima ancora di essere assaggiati, e ogni variante locale ha una sua identità irripetibile.

L’ingresso della cucina italiana nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Immateriale non sarebbe un titolo da esibire: sarebbe un riconoscimento con conseguenze concrete. A livello internazionale, l’Italia diventerebbe la prima nazione al mondo con la cucina nella sua interezza riconosciuta patrimonio dell’umanità, trasformando il cibo in esperienza culturale e non solo gastronomica, e aprendo nuove prospettive per il turismo esperienziale. A livello nazionale, lo Stato sarebbe chiamato a rafforzare educazione alimentare e sostenibilità, sostenere produttori e filiere artigianali, combattere l’italian sounding e tutelare e trasmettere saperi tradizionali.

Un riconoscimento UNESCO non è un premio, ma un impegno. Significherebbe ridefinire il concetto stesso di “cibo”: non più materia prima o tecnica, ma bene culturale a tutti gli effetti. Come ha dichiarato Petrillo: «Sarebbe la prima cucina al mondo riconosciuta patrimonio dell’umanità nella sua interezza».

In un mondo che uniforma, semplifica e industrializza, la cucina italiana afferma l’opposto: diversità, profondità, memoria e comunità. L’Italia non chiede all’UNESCO di proteggere una lista di piatti, ma di riconoscere una civiltà, una forma di vita, un’identità collettiva. La Cucina Italiana unisce le persone, costruisce comunità, insegna il valore della cura, celebra la semplicità e trasmette amore e storia. È un patrimonio quotidiano, vivo e universale. 

È il modo in cui l’Italia, ancora una volta, apre il suo cuore al mondo. Ed è per questo che merita l’UNESCO: perché non è solo ciò che mangiamo. È ciò che siamo.