È ridicolo e ingiusto che un console o un ambasciatore possano decidere sul futuro di un giornale in una Nazione dove loro, se gli va bene, passeranno solo pochi anni della loro vita, senza rendersi conto che con la loro decisione danneggiano migliaia di immigrati italiani che hanno fatto di quella Nazione la loro casa.
È sempre più evidente che per avere un contributo per l’editoria dal governo italiano serve l’autorizzazione di queste persone. E, ovviamente, devi fare di tutto per accontentarle anche a costo di alterare la verità, devi pubblicare solo cose che facciano loro piacere in modo da aggiudicarsi il loro parere positivo, altrimenti il tuo giornale è “una schifezza” che è destinato a chiudere per mancanza di finanze.
Abbiamo perso collaboratori per il fatto che non siamo in grado di stipendiarli, nemmeno un minimo salario, perché con i proventi della pubblicità riusciamo a mala pena a coprire le spese di stampa.
Nessuno percepisce un centesimo, al contrario dei “Catoni Censori” che vengono retribuiti con cifre molto elevate. E mentre qualche collaboratore continua nella “nostra” battaglia per un’informazione giusta e veritiera, altri che più che collaboratori considero amici, hanno preferito passare dalla parte di chi può garantire un frugale compenso.
Non posso dire che non me lo aspettavo come non posso dargli torto: per vivere occorrono i denari e non si mangia la gloria.
L’unica cosa che questi signori non hanno calcolato che non ci arrendiamo, continuiamo nella nostra protesta e ho notato che altri si stanno muovendo per dare una mano a noi e a tutte quelle testate giornalistiche in giro per il mondo che sono nella nostra stessa situazione.
Abbiamo inoltrato la nostra protesta al Presidente della Repubblica e, per conoscenza, inviato il nostro fascicolo anche al Segretario Generale del CGIE, Michele Schiavone, che in una sua recente dichiarazione pubblica ha dichiarato che “bisogna fare di più per i giornali italiani nel mondo, che negli ultimi anni stanno soffrendo moltissimo”.
L’appello è stato recepito anche dal Senatore Mario Borghese (MAIE) che si prefigge, di ripristinare la Commissione esaminatrice con CGIE e associazioni di categoria per decidere sull’editoria italiana all’estero.
Come giustamente osserva Schiavone, infatti, “fino a quando negli ingranaggi dell’editoria erano presenti i rappresentanti della commissione specifica del CGIE l’intero comparto produttivo all’estero riusciva ad avere interlocutori diretti, capaci di rappresentarlo e di agire a garanzia dell’autonomia e della libertà di espressione e di giudizio sulle attribuzioni dei contributi. Da alcuni anni, purtroppo, le contestazioni o i rilievi alle istanze degli editori non sempre sortiscono adeguate attenzioni risolutive”.
Dunque, vista la situazione e il momento storico che viviamo, l’Ordine del Giorno firmato dagli onorevoli Borghese, Longo, Tasso e Sangregorio – assume ancora più importanza.
“Il prossimo passo – fa sapere l’On. Mario Borghese, vicepresidente MAIE – sarà quello di presentare alla prima occasione, insieme agli altri eletti all’estero, un decreto legge per fare in modo di ripristinare la Commissione così com’era fino a qualche anno fa – spiega – formata dunque da persone vicine al mondo dell’emigrazione e dell’editoria, capaci di dare risposte e sciogliere nodi ogni qualvolta se ne presenti la necessità.
Come MAIE – conclude – siamo più che sensibili alle richieste di chi opera nel mondo dell’informazione all’estero, perché sappiamo le enormi difficoltà che devono affrontare gli editori per mantenere in vita periodici e riviste che svolgono un ruolo fondamentale nell’informazione rivolta ai nostri connazionali”.
Nutriamo la speranza che la campagna per una stampa all’estero, libera da interferenze istituzionali, venga intrapresa anche dai nostri rappresentanti per l’Australia. Al momento sento solo tanta freddezza e tanto silenzio.
Ora più che mai sono convinto che gli italiani d’Australia abbiano bisogno di un giornale “diverso” senza legami, restrizioni, bavagli. Molti si congratulano con noi e ne siamo orgogliosi, ma nemmeno con le congratulazioni si pagano le spese di redazione e di stampa.
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