di Angela Casilli
Il tycoon ha trionfato, senza rinunciare a nulla, senza seguire i consigli alla moderazione dei suoi più stretti collaboratori, licenziati di continuo, mostrandosi ancora più insolente e aggressivo di prima, ammesso che con un personaggio come lui ci possa essere un prima e un dopo.
Non è cambiato, è straripato sbarcando persino su Tik Tok dove lo hanno seguito migliaia di giovani che hanno poi votato per lui. Il suo Dio non è il Dio cristiano in cui ancora crediamo, ma il denaro che lo accomuna al suo nuovo amico Elon Musk, abile come lui a vendere se stesso.
In politica, nonostante tre campagne presidenziali e quattro anni alla Casa Bianca, Donald Trump non è percepito come un politico, anche se votato dalle classi popolari e dalle classi più ricche degli States, che si riconoscono in lui, che ha pagato come loro l’inflazione e l’impoverimento e non ha accettato né il politically correct né il declino della potenza americana.
Trump adora i dittatori che si sono affrettati a congratularsi con lui e anche per qualche leader democratico, come Netanyahu non poteva esserci notizia migliore della vittoria straripante del tycoon, che si spiega con la volontà degli americani di avere come Presidente un uomo, non una donna, percepito come forte, perché la dimensione personale e autoritaria del potere è in forte ascesa in tutto il mondo.
Trump ha vinto anche perché i democratici hanno commesso una serie di errori, che vanno dalla riconferma di Biden, nonostante le sue precarie condizioni di salute, alla scelta di Kamala Harris come candidata alla Presidenza, dopo l’attentato a Trump, nonostante le chiare lacune di leadership della Harris, alla volubilità dell’elettorato.
La sconfitta dei democratici è stata invece netta: sono andati perduti tutti gli Stati che erano incerti, il Senato, la Camera, il voto popolare. Il peggio del peggio!!!
Anche gli europei hanno commesso lo steso errore culturale dei democratici americani; quello di pensare che Trump fosse un leader debole, che avrebbe pagato caro la sua scorrettezza politica, la sua tracotanza, la sua ignoranza istituzionale. Al contrario Trump piace ai suoi elettori proprio perché non pensa, non parla come un politico o un intellettuale, meno che mai come un moralista, ma come una star a cui tutto è permesso, tutto è concesso.
La sua America è in maggioranza bianca, maschile, cristiana, ma per lui hanno votato molti latinos, neri e molte donne che non lo vedono come un pericolo alla loro libertà.
Anche l’Europa è stata spazzata dal vento anti-sistema, anti-élites, anti-establishment, antipolitico che oggi soffia in America, solo che l’Europa, finora, ha saputo resistere. In che senso? Nel senso che i populisti sono al governo in un solo Paese, il nostro, mentre i centristi come la Von der Leyen e Macron, i progressisti come Scholtz, che perderà sicuramente le elezioni l’anno prossimo, e Sanchez inseguito a Valencia dagli alluvionati infuriati e armati di bastone, dovranno vedersela con Trump, che apertamente disprezza gli europei e l’Unione Europea, nonostante sia fiero delle sue origini tedesche.
Il tycoon minaccerà dazi, prometterà favori, chiederà più soldi alla Nato, tratterà direttamente con i singoli Stati; è il divide et impera latino, che vale sempre quando si parla di autocrati, solo che nel precedente mandato Trump ebbe a che fare con un Macron all’inizio del mandato presidenziale e non alla fine, come adesso, e in Germania c’era la Merkel e non Scholtz.
Oggi il vento del sovranismo che in Europa spira da Est, è e sarà sempre più forte; la Meloni è più forte a Bruxelles e la Schlein deve capire, come tutta la sinistra, che il prezzo dell’immigrazione incontrollata lo pagano le classi popolari, in termini di sicurezza, di diritti, di salari. Altrimenti le elezioni saranno perse ancora una volta.
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