di Angela Casilli
La Destra, al governo del nostro Paese da tre anni, viene sempre più spesso rimproverata di non avere una classe dirigente capace e competente, all’altezza del suo ruolo che è quello di dirigere lo Stato nelle sue varie articolazioni, dai ministeri agli enti, alle istituzioni, ai circoli culturali.
E’ un rimprovero che, anche se velato, risponde alla verità, specialmente se, per mancanza di una classe dirigente, si intende da un lato l’alta dirigenza dello Stato, delle magistrature, della sfera pubblica e, dall’altro, l’incapacità di essere presente sulla scena mediatica, culturale e accademica del Paese, come una delle voci più significative ed ascoltate della società civile.
C’è però da porsi la domanda se una tale situazione più che essere o apparire un deficit della Destra oggi al governo, certamente esistente, non sia invece indicatore di qualcos’altro, e cioè della mancanza, da sempre, in Italia di una vera classe dirigente.
Il nostro è un Paese che, ancora oggi, stenta ad avere una memoria condivisa, valori comuni, interessi nazionali, forse perché da noi quello che conta è l’appartenenza politica-ideologica che serve a definire l’identità individuale e la politica che, nel passato come anche oggi, ha un potere così enorme nel disporre di risorse, impieghi e carriere, da impedire che possa esserci una vera classe dirigente.
Questa può esserci solo se una società si riconosce in un insieme di valori comuni, a prescindere dal proprio credo politico e se, a sua volta, la politica, quella decisa dai partiti, pone un limite alla propria invadenza, accettando di tenersi a debita distanza da alcuni ambiti che non sono i suoi, dimostrando così di apprezzare il valore della capacità e della competenza e non solo quello dell’appartenenza ad un partito o della scelta elettorale fatta.
La nostra Repubblica, proclamata circa ottant’anni fa, non è ancora riuscita a derubricare i nodi storici che l’hanno vista nascere. Il nostro è un “passato che non passa” che, anzi, si ripresenta puntualmente ad ogni cambio di governo, impedendo la formazione di una classe dirigente lontana dalla politica, favorendo, invece, la nascita di una classe dirigente modellata interamente sulla politica del momento.
La politica del nostro Paese, a partire dagli anni Settanta, si è nella sua grande maggioranza riconosciuta nel cosiddetto ”arco costituzionale”, con l’esplicita esclusione della Destra e la sua classe dirigente ha seguito l’ideologia espressa dai vari governi, i quali non hanno capito o voluto capire che nel nostro Paese è necessario, come non mai, un gruppo dirigente competente e imparziale, in grado di apprezzare il merito e superare i condizionamenti di parte che dominano largamente la politica e impediscono in tal modo qualsiasi salto di qualità.
