Vacanze romane…

Il libro è terminato e, anche se non mi chiamo Dante, lo porto a Roma per ottenere un aiuto nell’editoria al fine di poterlo stampare. Esso contiene nomi illustri di persone considerate al di sopra di ogni sospetto, così come nomi di illustri sconosciuti che si credono in grado di zittire la stampa con un veto… ho scritto “veto”, non “peto”.

Da troppo tempo continua questa farsa riguardante i contributi alla stampa italiana all’estero. Semplificando per chi non è del settore, se non si scrive bene di loro, hanno il “potere” di esprimere un voto contrario. Al contrario, gli addetti ai lavori, cioè coloro che scrivono e pubblicano, non hanno alcun diritto. A dire il vero, non mi interessano molto i contributi finanziari, perché la “mia commedia” posso tranquillamente pubblicarla a puntate su Allora!, ma non possiedo l’immunità diplomatica e qualcuno che si crede importante potrebbe non gradire.

E poi ci vengono a raccontare che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge: ma quando mai? Se hai l’immunità, puoi perfino permetterti di bullizzare chiunque e nessuno ti tocca! Ma questa è un’altra storia e la denuncio ancora aperta… metti caso che… La storia insegna: “Dove si bruciano i libri, si finisce per bruciare anche gli esseri umani”, scrisse Heinrich Heine il giorno in cui il nazismo bruciò la cultura.

La notte del 10 maggio 1933, cinque mesi dopo l’ascesa di Hitler al potere, Berlino fu illuminata dal rogo dei libri. Più di 20.000 volumi furono gettati in un unico enorme falò. Vorrei dire che capisco il loro disprezzo per la verità, ma sinceramente non ci riesco. L’incapacità di percepire la necessità di una stampa libera, alternativa e indipendente non rientra nel loro ristretto modo di pensare. Il bene della comunità viene calpestato dalla loro megalomania di potere. Ma quello della Germania di Hitler, purtroppo, non è l’unico rogo di libri che la storia ricorda. Infatti, ci sono stati diversi momenti storici in cui si sono verificati incendi di libri ordinati come forma di censura contro idee in contrasto con il potere: Nel 1358 a.C., il faraone Akhenaton ordinò il rogo della biblioteca di Tebe per imporre il culto monoteista del disco solare Aton.

Nel 213 aC., in Cina, il re Qin Shi Huang ordinò che venissero bruciati tutti i libri scritti prima di lui. Nel 1497, a Firenze, Savonarola ordinò che fossero bruciati tutti gli oggetti considerati “peccaminosi”, tra cui alcuni libri, e tale rogo passò alla storia come il celebre “falò delle vanità”. Nel 1558, l’Inquisizione istituì l’elenco dei libri proibiti e, il 17 febbraio 1600, a Roma, in piazza San Pietro, vennero bruciati tutti i libri del filosofo Giordano Bruno, condannato lui stesso al rogo. Nel romanzo distopico “Fahrenheit 451” (1951) di Ray Bradbury, troviamo una società in cui i vigili del fuoco hanno il compito di localizzare e bruciare i libri. Nel romanzo “Il nome della rosa” di Umberto Eco, Jorge da Burgos dà fuoco alla biblioteca del monastero per evitare che il mondo venga a conoscenza dell’ultima copia del secondo libro della “Poetica” di Aristotele, dedicato alla commedia e al riso. Pepe Carvalho, il detective protagonista dei romanzi di Manuel Vázquez Montalbán, è solito accendere il caminetto bruciando uno o più libri della sua biblioteca. Miguel de Cervantes, nel capitolo VI del romanzo “Don Chisciotte della Mancia”, mostra la selezione dei libri sulla cavalleria e successivamente il rogo degli stessi.

Dubito che oggi concedano il permesso di fare un grande falò di stampa non gradita nelle vicinanze di Market Street. Oggi siamo molto attenti ai cambiamenti climatici e all’inquinamento che potrebbe causare la combustione di carta. E poi, perché tanta indignazione? Basta semplicemente restituire l’invio di materiale stampato indesiderato e cercare in ogni modo di vietarne la pubblicazione, anche a costo di infrangere la Costituzione che ne garantisce il diritto.

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