Sangiuliano taglia i fondi al cinema e dice basta a milioni di euro in compensi ai registi per incassi inesistenti

Recenti dati del Ministero della Cultura hanno rivelato una dissonanza sconcertante tra i finanziamenti pubblici elargiti e i profitti ottenuti da vari film italiani negli ultimi anni. Questo contrasto ha portato il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, a prendere una decisione audace: tagliare i fondi destinati all’industria cinematografica. Questa mossa ha scatenato un acceso dibattito e ha attirato critiche da diverse parti.

Tutto è iniziato con una lettera inviata da Sangiuliano al suo omologo del Ministero dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Nella lettera, il ministro scrive: “Caro Giancarlo, ti informo della mia intenzione di contribuire agli sforzi necessari per definire il bilancio del 2024, con un risparmio di 100 milioni di euro provenienti dal Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo.” Questo documento, rivelato in esclusiva da Domani, ha ricevuto una tiepida accoglienza da parte delle opposizioni.

Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, ha definito questa decisione “allucinante”, mentre la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, ha dichiarato: “Non ha precedenti che un ministro della Cultura chieda al collega del MEF di tagliare i finanziamenti al cinema oltre alle richieste standard.” Anche Francesco Rutelli, presidente dell’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Multimediali (ANICA), ha espresso preoccupazione riguardo all'”inversione di rotta” del ministero e il possibile impatto negativo sugli investimenti pianificati.

Ma cosa comporta esattamente il piano di revisione del Ministero della Cultura? Principalmente, si tratta di una riforma del cosiddetto “credito d’imposta”. Nel 2019, il governo ha stanziato 423 milioni di euro per il tax credit, una cifra che è salita a 821 milioni nel 2021, principalmente a causa degli effetti della pandemia, e successivamente a 841 milioni di euro. Tuttavia, secondo i piani di Sangiuliano, il 2023 segnerà una svolta con il tax credit che dovrebbe scendere a 746 milioni di euro, risparmiando così 36 milioni complessivi. Di questi, 14 milioni verranno tagliati dal bilancio del ministero e 22 milioni saranno destinati agli scavi archeologici di Pompei.

Una delle principali modifiche proposte nella riforma è che il tax credit non potrà più essere utilizzato per coprire direttamente il compenso dei registi. Le case di produzione dovranno ora allegare ai loro progetti i contratti con le piattaforme televisive per la distribuzione dei film al fine di ottenere il credito d’imposta.

La ragione principale dietro questa riforma è il fatto che molte produzioni italiane finanziate con generosi contributi pubblici hanno generato incassi esigui o addirittura inesistenti. Ad esempio, i film “Sherlock Santa” e “Ladri di Natale,” diretti da Francesco Cinquemani e con un costo totale di 15 milioni di euro, hanno ricevuto 4 milioni di contributi statali ma hanno incassato solo 13mila euro. Allo stesso modo, il film “Prima di andare via” di Massimo Cappelli ha ottenuto un contributo pubblico di 700mila euro ma ha venduto solo 29 biglietti.

Anche quando i film hanno avuto un successo marginale, una buona parte dei finanziamenti pubblici è finita direttamente nelle tasche dei registi. Ad esempio, la miniserie “We are who we are” di Luca Guadagnino ha ricevuto 13,2 milioni di finanziamenti pubblici, di cui 2,4 milioni sono stati versati direttamente al regista. Una situazione analoga è emersa con il film “A casa tutti bene” di Gabriele Muccino, che ha ottenuto 6,3 milioni di sovvenzioni con il credito d’imposta, ma più della metà di questa somma è finita direttamente nelle tasche del regista.

La revisione del credito d’imposta è stata proposta per porre fine a queste situazioni e per garantire che i finanziamenti pubblici siano spesi in modo più efficiente. Il ministro Sangiuliano ha affermato chiaramente che il settore del cinema richiede una seria riforma per evitare sprechi. Tuttavia, questa decisione ha suscitato preoccupazioni riguardo a un possibile conflitto politico tra il governo e le associazioni di categoria, considerate da alcuni troppo vicine all’ala sinistra. Il rischio, come ha sottolineato anche il regista Paolo Sorrentino, è che il dibattito sulla revisione del credito d’imposta possa trasformarsi in una battaglia culturale e politica anziché rimanere concentrato sulla razionalizzazione delle spese.

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