Nel caos della vita quotidiana, spesso ci ritroviamo a cercare un significato più profondo, un modo per contribuire al mondo che ci circonda. L’andare in parrocchia e dedicare del tempo agli altri può sembrare un atto di pura generosità, ma è fondamentale ammettere che dietro a questo gesto risiede un motore potente: l’egoismo.
Non fraintendiamoci, non si tratta di un egoismo malinteso o negativo, ma di un bisogno innato di sentirsi utili. Ognuno di noi ha la necessità di sapere di essere in grado di offrire qualcosa di prezioso al mondo. È come se donare il proprio tempo e le proprie energie fosse una sorta di investimento personale, un modo per alimentare il proprio senso di appartenenza e significato.
In fondo, chi dedica parte del proprio tempo agli altri lo fa anche per sé stesso. È una forma di soddisfazione personale che deriva dalla consapevolezza di aver contribuito in qualche modo alla crescita e al benessere della comunità. È un atto che riempie il cuore di gratitudine e la mente di una profonda sensazione di realizzazione. Quando ci offriamo agli altri, ci nutriamo anche noi stessi.
Ecco perché, quando ci troviamo nel mezzo di questo scambio bidirezionale, non dobbiamo sentirlo come un peso, ma come una benedizione. Siamo chiamati a riconoscere il valore di questo equilibrio, a celebrare la bellezza di poter essere utili e di poter ricevere allo stesso tempo. In definitiva, non è solo l’atto di dedicare tempo agli altri che conta, ma anche la consapevolezza del motivo che ci spinge a farlo.
È la comprensione che dietro al nostro desiderio di essere utili si cela un bisogno profondo di connessione e contributo. È la consapevolezza che, in questo scambio, tutti troviamo un prezioso tesoro di significato e appartenenza.
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