Sembra ieri quando un eminente esponente della comunità mi rassicurava sulle buone intenzioni dell’acquirente del “nostro” centro culturale. E come se ciò non bastasse, in quel nefasto periodo della nostra storia, venne esercitata pressione sul nostro senso di italianità.
Si temeva che, se il Centro Culturale Italiano non fosse stato acquistato da un ente gestore buono, competente e legato alla nostra cultura, sarebbe sicuramente finito nelle mani di speculatori edilizi senza scrupoli. Anche il sindaco di Leichhardt credette fermamente nella difesa della nostra cultura, evitando che la vendita fallimentare potesse favorire la speculazione a discapito del governo, che aveva sborsato oltre tre milioni di dollari per rendere funzionale il Centro. Alla fine, fui persuaso a tal punto da pagare 10 dollari come quota d’iscrizione a questo ente gestore, tanto erano convincenti gli articoli sul giornale che elogiavano i nuovi acquirenti.
Che fortuna per la comunità, considerando che il Centro stava per diventare un luogo per anziani o una sala per matrimoni… Invece, divenne una scuola per attori, con qualche evento legato alla cultura italiana durante l’anno. La gestione di tali eventi era nelle mani dell’ente gestore, quindi dovevamo ottenere il permesso da loro per usufruire del “nostro” centro. Ma queste sono sottigliezze, specialmente se sei un loro sostenitore. Ora i giornali, le radio, i sindaci, i deputati, i senatori, i consiglieri comunali e i leader della comunità tacciono. È possibile che la cultura italiana abbia così poco valore e che la comunità italiana conti ancora meno?
La vendita è ancora avvolta nel mistero e nessuno sembra davvero in grado di spiegare cosa sia successo. Ora, secondo persone più o meno informate, sembra che l’acquirente non abbia nemmeno gli 11 milioni richiesti. Spero solo che non ci venga chiesto di fare una colletta a favore di questo fantomatico demolitore, cercando di impietosire la nostra tasca, sempre sotto la minaccia della perdita della nostra cultura. Ma qui possiamo star tranquilli, perché è molto difficile perdere qualcosa che non possediamo.
Be the first to comment