Quando si parla di cultura, ci si aspetta spesso un coinvolgimento attivo e partecipativo da parte della comunità. Tuttavia, la realtà si presenta ben diversa, come ho recentemente constatato in un istituto culturale, un’esperienza semplicemente scandalosa.
Sono stato attratto da un concerto tenuto da due giovani musiciste provenienti dalla mia stessa città natale, Imola. Quando ho lasciato Imola più di cinquant’anni fa, la città era famosa per il mercato del bestiame, il circuito automobilistico e, purtroppo, anche per il suo manicomio. Ricordo bene il periodo in cui Imola veniva derisa come “La città dei matti” durante le colonie estive. Ma la storia dovrebbe evolversi, non è vero? Indipendentemente dal campanilismo, sarebbe stato sufficiente sapere della loro giovane età e del loro talento, per suscitare interesse per il programma musicale in sé, offrendo un esempio per i tanti giovani che vagano tra una pizzeria e un’apericena alla ricerca di un futuro.
Tuttavia, il mio entusiasmo si è scontrato con una realtà amara. Il recital delle due giovani musiciste è stato eccezionale, una performance musicale sublime capace di regalare gioia e trasportare l’anima per qualche decina di minuti. Ma dov’era il pubblico delle grandi occasioni? Guardando intorno a me, non ho visto nessuno dei tanto decantati giovani che dovrebbero salvare l’associazionismo in Australia. Non ho visto neanche i nostri illustri politici, nessun rappresentante di comitati eletti regolarmente né tantomeno quelli eletti un po’ meno regolarmente.
Nessun giornalista, nessun radiocronista, nessun megalomane che tenta la scalata alla politica, nessun rappresentante della comunità. Solo un gruppetto di anziani, principalmente donne, che sembravano essere habitué del centro culturale. L’evento era gratuito, e non mancavano certo le delizie enogastronomiche offerte dall’istituto. Eppure, l’assenza di interesse da parte della comunità è stata disarmante. La cultura dovrebbe essere un faro, un punto di incontro che accende le menti e alimenta le passioni. Ma quando si tratta di eventi culturali, sembra che la nostra comunità preferisca restare nell’oscurità. Forse la mancanza di illuminazione è incompatibile con l’ossessione contemporanea per i selfie da condividere su Facebook, dove l’interesse culturale sembra essere sacrificato sull’altare della vanità.
È inaccettabile che, mentre ci sono coloro che si adoperano per raccogliere fondi per cause che ricevono copertura mediatica e l’immancabile medaglietta al merito, quando si tratta di promuovere la cultura, l’indifferenza regna sovrana. È ora di svegliarsi, di smettere di ignorare l’eccellenza artistica che abbiamo sotto il nostro naso. La cultura può davvero salvare il mondo, ma solo se c’è qualcuno disposto ad ascoltarla e a farla propria. La nostra comunità deve smettere di essere assente e iniziare ad apprezzare ciò che può trasformare e arricchire le nostre vite.
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