Beato Fra Angelico da Furci

di Gabriella Izzi Benedetti

In un’epoca come l’attuale dal clima contraddittorio, tra rifiuto, o scetticismo, verso la spiritualità, l’etica, la cultura e contraddistinto, di contro, dall’esigenza del recupero di una visione alta di valori morali, formativi, rinnovamento sociale, capita che figure percepite come icone racchiuse in lontananze inconciliabili con l’humus corrente, si rivelino in tutta la loro attualità e acquisiscano valore propedeutico. A questo esercito di remoti e lungimiranti personaggi appartiene il beato Angelo da Furci che da tempo avrebbe dovuto accedere a un’intestazione di santità e con essa a un carisma diverso nell’approccio ideale con i fedeli. Nei secoli, dai più remoti, la storia è in buona parte fatta non da eserciti, rivendicazioni territoriali e simili, ma da proposte innovatrici che appartengono a scienziati, filosofi, filantropi, insomma uomini di pensiero e di apertura umana, la cui luce di conoscenza e di generosa partecipazione sociale illumina il cammino altrui; evolve, raffina, sensibilizza; in sostanza produce uno sviluppo che si riversa in ambiti i più disparati. 

Angelo (1257- 1327), eremitano dell’Ordine di S. Agostino, vive in un periodo che, in quanto a turbolenza, conflittualità dottrinali, politiche e sociali, non ha niente da invidiare alla nostra epoca. Tempi difficili per la Chiesa e l’Impero, ostili fra loro a danno, come sempre, del consorzio civile. Superato il così fortemente temuto anno Mille, la società sembra recuperare vitalità, concentrarsi su questioni che, trascendenti o immanenti che siano, vengono vissute come esigenze collettive di recupero della normalità di vita e voglia di progresso. 

Angelo nasce in un piccolo centro dell’entroterra abruzzese, Furci, da genitori possidenti i cui nomi di battesimo Adalipto e Albazia denotano provenienza gentilizia; persone di grande religiosità e amore per il prossimo. Una linea di pensiero che verrà sviluppata anche dalla Scolastica francescana; Egidio Romano Maestro di Angelo ne è seguace e sulla stessa linea si pone Angelo da Furci. Il precetto di S. Agostino, fede, ragione e vita, forma anche nel Beato Angelo un tutt’uno. Sicché è difficile separare l’uomo di fede dall’uomo di cultura o della realtà del vivere.

La fama di Angelo cresce. Le sue omelie attraggono grandi folle. Gli scritti sono straordinari, riferiscono le cronache, ma oggi, eccetto poche testimonianze, introvabili, per esempio I Sermoni. Lette e commentate a distanza di molti anni dalla sua morte, sono andate poi disperse. Si spera sempre che da qualche archivio conventuale, un giorno o l’altro qualcosa riemerga. Ormai Dottore in Teologia, dopo cinque anni vissuti a Parigi, Angelo torna nella terra natia, preceduto dalla reputazione di studioso e predicatore. 

Viene delegato a insegnare Teologia nei Conventi d’Abruzzo che all’epoca comprendeva anche Puglie e Molise. Ma una personalità del genere è destinata a ben altri traguardi. E infatti lo vediamo approdare presso lo Studio o Università di Napoli, tra le città culturalmente più vivaci d’Europa. Divenuto Lettore (Docente) di Teologia, secondo gli storici le sue lezioni attraevano non solo studenti dell’Ordine eremitano agostiniano, ma ogni tipologia di clericali e molti laici.

A distanza di tre anni Angelo verrà eletto all’unanimità Superiore Provinciale del Regno di Napoli, una carica di prestigio e impegno ch’egli vorrebbe rifiutare, che infine accetta per obbedienza con la clausola che non lascerà l’insegnamento. Sembra che avesse grandi doti organizzatrici per cui riusciva molto bene a conciliare il tutto e ciò che stupiva era la totale disponibilità verso chiunque avesse bisogno di lui in senso spirituale e materiale. La sua capacità di vivere le regole di fede era aperta a una visione ampia, dove l’accoglienza, la speranza, l’ottimismo propongono una fede piena di luce, in epoca in cui vigeva un profilo devozionale e formativo oscuro e penalizzante. Uno dei punti base della sua missione è stato il predicare contro il potere e l’arroganza, difendendo le classi umili. Un atteggiamento che gli creò nemici, con intuibili consequenziali difficoltà. 

E nonostante Angelo è noto per essere stato un operatore di pace tra fazioni, famiglie, individui, in un tempo molto bellicoso. Un agostiniano che, come il fondatore, era aperto alle diversità di culture e ottiche.

Angelo rimarrà a Napoli fino alla morte; una vita sarà costellata di miracoli che creeranno intorno alla sua persona un’aura di santità, e lo condurranno alla beatificazione, con decreto del 20 dicembre 1888. 1808.