Leone XIV cambia registro ma la stampa resta indietro

di Marco Testa

Il primo viaggio apostolico internazionale di Leone XIV non è stato soltanto un itinerario tra luoghi simbolici del cristianesimo e ferite ancora aperte della storia recente. È stato, soprattutto, una dichiarazione d’intenti. Il nuovo Pontefice – americano, riservato, molto attento alla dimensione spirituale – ha impresso un cambio netto di registro che appare già chiaro agli osservatori più lucidi: con lui, il Papato torna alla misura, alla compostezza, all’essenziale. Una scelta che, paradossalmente, rivela anche un’altra storia: quella di un sistema mediatico internazionale non più abituato a leggere il Papa come pastore, ma come personaggio pubblico da interpretare e talvolta da spingere oltre i propri stessi contorni.

Il viaggio, articolato tra Turchia e Libano, ha avuto il suo cuore nella visita alle comunità cristiane libanesi, tra Beirut, Annaya e Harissa. Qui Leone XIV ha respirato la sofferenza di un Paese segnato da crisi politiche, economiche e demografiche, e ha restituito ai fedeli un messaggio di speranza concreta. Ha pregato davanti al memoriale della devastante esplosione del 2020, un gesto silenzioso che ha commosso persino osservatori non credenti, e ha parlato più volte di fraternità reale, non retorica.

A sorprendere, tuttavia, è stata la risposta popolare: migliaia di giovani, soprattutto, hanno circondato il Papa con un entusiasmo contagioso. Non c’era la ricerca dell’immagine perfetta; c’era la percezione che un uomo di fede, non un personaggio televisivo, fosse venuto a “riaprire il futuro”, come ha scritto un commentatore libanese. La commozione del Papa non è apparsa costruita né “di scena”: era il volto di un uomo che riconosceva il dolore, la resistenza e la speranza di un popolo.

Eppure, la stampa internazionale ha dedicato al viaggio un’attenzione sorprendentemente fredda. In un panorama mediatico che per oltre un decennio ha registrato ogni colpo di tosse del precedente Pontefice come un avvenimento di rilievo, questa volta il silenzio ha colpito. Silere non possum ha denunciato non solo la disattenzione, ma anche tentativi di manipolazione. L’episodio avvenuto durante la visita in Moschea è emblematico: davanti all’invito dell’Imam a unirsi alla preghiera, Leone XIV ha risposto con un rispettoso «No, grazie». Una frase sobria, pacata, totalmente in linea con la tradizione islamica e con la dottrina cattolica. Eppure, da una parte alcuni media hanno subito voluto leggere un gesto ostile verso l’Islam; dall’altra, non sono mancati quei cronisti che hanno insinuato dubbi sulla veridicità dell’accaduto. La testata vaticana indipendente ha invece confermato ogni dettaglio: il Papa ha declinato l’invito senza ambiguità, ha proseguito la visita nel luogo sacro e ha mantenuto un atteggiamento di dialogo autentico. Un esempio di rispetto, non di chiusura.

È qui che emerge un nodo: la stampa che viaggia sul volo papale, soggiorna negli stessi hotel, riceve indicazioni logistiche e comunicative preconfezionate, tende a produrre articoli sempre più simili ai bollettini della Sala Stampa. Non mancano professionisti seri, ma la tendenza generale è quella del racconto “copiato e incollato”. L’autonomia giornalistica, un tempo preziosa, è diventata un lusso che molti non sembrano più voler esercitare.

La differenza con il passato recente è evidente. Se un tempo qualunque frase del Papa diventava materiale da colonna sonora mediatica, oggi non trova spazio neppure la notizia. L’impressione diffusa è che il precedente modello comunicativo – estremamente diretto, talvolta provocatorio, spesso sorprendente – fosse più facile da monetizzare: più titoli, più clic, più commenti sui social. Leone XIV, invece, non offre la prevedibilità dello scoop permanente. E per alcuni cronisti, questo sembra essere un problema.

Sul volo di ritorno verso Roma, il Papa ha completato la sua operazione di “riordino” del rapporto con la stampa. «Credo assolutamente nel segreto del Conclave», ha risposto ai giornalisti, riportando il Papato sul terreno della tradizione. Anche l’ironia, quando è apparsa, è stata diretta ma elegante: «A volte prendo grandi idee da voi, perché credete di leggermi nel pensiero. Ma non avete sempre ragione». Una frecciatina che molti reporter hanno colto perfettamente.