Sinodo 2024: molto strepito per nulla

Con la conclusione del Sinodo dei Vescovi sulla Sinodalità, iniziato nel 2021 e terminato il 30 ottobre 2024 a Roma, si riflette su un evento che ha suscitato forti dibattiti interni e ampie aspettative tra i fedeli. La questione al centro delle discussioni, sin dall’inizio, è stata l’equilibrio delle opinioni rappresentate: numerosi critici sostengono che il Sinodo sia stato dominato da voci progressiste, mentre le posizioni tradizionaliste sarebbero state relegate ai margini.

L’assenza di figure rappresentative della Messa in latino e di esponenti pro-life, a fronte della presenza di sostenitori del clero femminile e dell’accoglienza LGBTQ+, ha alimentato questo dibattito. Persino nel documento finale, di 51 pagine, il termine “aborto” non è mai apparso, un’omissione che ha deluso coloro che speravano in una posizione più decisa su questo tema.

Il documento conclusivo, adottato la sera del 30 ottobre, è stato approvato con ampie maggioranze per la maggior parte dei 155 paragrafi. Tuttavia, un’eccezione significativa è stata il paragrafo 60, che affronta il tema delle donne diacono, con 97 voti contrari. Il testo, che dichiara “la questione dell’accesso delle donne al diaconato rimane aperta”, è stato percepito da alcuni come un segno di timidezza, con scontento sia da parte dei conservatori che avrebbero preferito un netto “no”, sia dai progressisti desiderosi di cambiamento.

Il tono progressista del Sinodo è stato particolarmente evidente il 24 ottobre, durante un incontro tra il cardinale argentino Víctor Manuel Fernández e un centinaio di partecipanti. Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, ha dovuto giustificare il suo approccio su questioni come il ruolo delle donne nella Chiesa, sostenendo che il diaconato femminile “non è ancora pronto per una decisione positiva”. Nonostante il suo storico sostegno a iniziative come la benedizione delle coppie omosessuali, Fernández ha trascorso gran parte dell’incontro difendendo la propria posizione da critiche interne.

Tra le domande rivolte a Fernández, una ha sollevato il tema della mancanza di criteri chiari per determinare la “maturità” necessaria per risolvere la questione delle donne diacono, innescando una delle rare applausi dell’assemblea. Un altro interrogativo ha fatto riferimento a uno studio favorevole al diaconato femminile, risalente al 1997, mai pubblicato, suggerendo una reticenza nel divulgare opinioni progressiste.

Nonostante le aspettative di una svolta significativa, il documento finale del Sinodo sembra avere adottato un approccio moderato, bilanciando innovazione e continuità e respingendo cambiamenti radicali. Le ragioni di questa cautela possono includere il peso esercitato dalla minoranza conservatrice all’interno dell’assemblea e il desiderio di concludere con un tono pacifico dopo anni di tensioni.

Papa Francesco ha scelto di non emettere un’esortazione apostolica conclusiva che avrebbe fatto suo l’intero processo sinodale, lasciando il documento finale come ultimo atto e di fatto dichiarando chiuse le consultazioni e i dibattiti. Questa decisione, probabilmente, è volta a evitare ulteriori concessioni in favore degli attivisti, evitando inoltre che il Giubileo del 2025 sia oscurato da divisioni interne.

Alla fine, sebbene questo Sinodo possa apparire come un processo risoltosi con un nulla di fatto, in un’epoca di profonda polarizzazione, il fatto che la Chiesa cattolica sia riuscita a concludere una consultazione così estesa mantenendo unita la comunità di fedeli può essere considerato un piccolo, e forse non così irrilevante, miracolo.