Dopo la morte, tutto l’Amore

Gli onori degli altari non sono riservati ai soli personaggi che siamo abituati a vedere raffigurati o riprodotti nelle icone. Santi infatti possiamo esserlo tutti, perseguire la perfezione secondo il modello di Cristo è anzi vocazione universale e in questo obiettivo ci aiuta l’intervento di Dio con la sua grazia. 

Anche nella lotta contro le tentazioni, le debolezze e le imperfezioni, anche in occasione delle cadute nel peccato Dio ci sorregge e nella Chiesa ci offre i mezzi per conseguire la perfezione: la preghiera, la mortificazione dei sensi, la carità. Il tutto reso più certo e fruttuoso dalla certezza della misericordia stessa del Signore.

Al termine di questo percorso di lotta e di perseveranza nel bene, di fatiche e di oppressioni, di rinnovata fiducia in Colui che, solo, può donarci il giusto premio e la giusta decorazione, ci attende la gioia senza fine, l’esultanza riservata ai giusti, la pace definitiva che si chiama Paradiso. 

Non che la vita umana presente non abbia valore o che non vi sia ragione di vivere su questa terra; non che dobbiamo considerare il nostro corpo e la nostra dimora terrena alla stregua di una prigione da cui liberarci in vista dell’eternità: la materia e la corporeità hanno la loro importanza anche a proposito dalla vita spirituale, come pure la vita umana adopera nel corpo il “cavallo di battaglia dello spirito” ed è possibile trovare conciliabilità fra le due realtà concomitanti. 

Tuttavia, come osserva Paolo, “la nostra patria è nei cieli”(Fil 3, 20) e mentre affrontiamo la vicenda terrena la certezza stessa del paradiso ultraterreno ci sospinge e ci motiva costantemente nella speranza e nella certezza che saremo esauditi in ciò che fondamentalmente desideriamo.

In Dio non soltanto abbiamo la certezza dell’aspettativa del paradiso, ma siamo rassicurati di essere tutti orientati verso questa realtà di gloria: siamo destinati tutti alla vita di gioia senza fine purché in questa vita ci sforziamo nell’esercizio della virtù e nel conseguimento della santità, esercitando la fede, la cui meta è appunto la salvezza delle anime (1Pt 1, 9) e la carità che è la nostra stessa fede in atto, nella continua conformità a Cristo nostro modello di perfezione.

È vero d’altra parte che accanto al paradiso esiste necessariamente una realtà triste nella quale per loro scelta precipitano coloro che rifiutano categoricamente la grazia e la salvezza di Dio: quella della retribuzione dell’empio, l’inferno destinato a quanti avranno scelto l’empietà e la lontananza da Dio. 

L’esistenza dell’inferno, che non è un luogo fisico ma una dimensione di eterna dannazione, ha una realtà pari a quella del paradiso perché come esiste la salvezza, così deve necessariamente esistere la dannazione ultraterrena, la condanna definitiva. Essa ci ragguaglia della realtà di fatto che non sono pochi coloro che preferiscono vivere nel peccato, nella perversione, nel procurato allontanamento da Dio. Sono tanti coloro che si illudono di vivere già il loro presente autodistruggendosi e procacciando da se stessi la morte di cui il peccato è apportatore. Tanti sono coloro che ostentano già in questo mondo terreno la cultura dell’orrore, rendendosi latori di odio, di violenza, vizio, felicità effimere; tanti altri si danno alla smodatezza dei piaceri e del possesso, del guadagno illecito ai danni dei più deboli. Tanti altri promuovono il piacere effimero come bene indispensabile, l’immoralità come valore, l’irreligiosità e l’avversione al sacro come prospettiva di realizzazione. Cos’è tutto questo se non l’evidenza dell’inferno, latente già nella vita ordinaria attuale?

La rivelazione di Dio, che è tutta a favore dell’uomo, ci illustra che non è volontà del Padre misericordioso che alcun uomo si autodistrugga in questa vita per trovare la sua condanna in quella ultraterrena, ma piuttosto che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità (1Tm 2, 4).

Del resto la morte di Cristo sulla croce, che paga il riscatto delle nostre colpe, ci ha messi in grado di guadagnare la vita e ci risolleva il fatto che uno solo è morto per risollevare tutti dalla caduta peccaminosa. Dio è misericordia e ha la meglio anche sull’inferno.

Che la misericordia di Dio poi non abbia limiti e che voglia ottenerci il conseguimento della gloria futura ci è reso certo da un’altra possibilità di salvarci anche al di la’ della nostra vita terrena.

La tradizione della Chiesa ci ragguaglia infatti di una dimensione nella quale sarà possibile purificarci dai residui di colpa che ci avranno caratterizzato in questa vita: anche lontani dal nostro corpo mortale, avremo possibilità di liberarci definitivamente da tutte quelle scorie che ci ostacolano l’ascesa verso la gloria, e questo costituisce un’ulteriore certezza che la volontà di Dio nei nostri confronti è davvero orientata verso il bene, visto che la pazienza divina attende anche oltre la nostra vita. (P. Gian Franco Scarpitta)

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