Nato a Siracusa, appeso il fischietto al chiodo si dedico’ alla politica diventando onorevole
Come un fischio al novantesimo minuto, il 9 settembre 1991, Concetto Lo Bello se ne va. E in fondo, era inevitabile: anche il più grande degli arbitri non può fermare il tempo.Comincia nel ’44, quando il calcio è polvere, maglie rammendate e campi che odorano di erba strappata e nel resto d’Italia c’era ancora la guerra. In Serie A ci arriva dieci anni dopo. E nel ’58, internazionale: debutto al Cairo, Egitto-Germania Ovest .
In campo, Lo Bello non corre: comanda. Ha quella gestualità teatrale che può sembrare vanità, ma è solo sicurezza. Difende gli attaccanti, fischia rigori che qualcuno definisce generosi, e si trova sempre nel posto giusto, anche quando il posto giusto è scomodo.
Lo vedi nelle foto: Omar Sívori che gli lancia uno sguardo da duello all’ultimo sangue; Gianni Rivera che sorride amaro ma grida vendetta; Nereo Rocco che bestemmia in triestino e poi si inchina davanti a un cartellino rosso. E poi il 1966, Mondiali in Inghilterra: URSS-Germania, Cislenko espulso per reazione. Lì, il fischio non è solo un suono: è una condanna diplomatica. I Paesi dell’Est mettono il veto: per dispetto, niente finale per Lo Bello.
Dirige fino a 50 anni e 16 giorni. Oggi impensabile. Finale di Coppa UEFA: Feyenoord-Tottenham, 29 maggio 1974. Ultimo fischio. Poi, un’altra vita: deputato DC, sindaco di Siracusa per poco. Sempre al centro, ma mai spettatore. Un giorno, dopo una moviola, ammette un errore. Il primo, e forse ultimo, arbitro italiano della storia a farlo. Perché un arbitro è prima di tutto uomo, e un uomo lo misuri da come affronta le sue sviste. Negli anni ’60 e ’70, dire “Lo Bello” era dire “arbitro”. Il resto era contorno: Franco e Ciccio lo trasformano in Concettino Lo Brutto, Lando Buzzanca lo imita nel film L’arbitro.
Poi arriva, meritata, la Hall of Fame del calcio italiano, 2012, alla memoria. E se vi capita di rivederlo in qualche filmato d’epoca, noterete una cosa: il fischio di Lo Bello non fermava mai solo il gioco. Lo Bello, ogni volta, raccontava una storia. Aveva personalità e sapeva farsi rispettare! Bastava la severità del suo sguardo, per fermare il gioco, poi, si udiva il fischietto! Una volta all’Olimpico un ragazzo entrò in campo non certo con intenzioni pacifiche e lui lo prese per il collo e lo accompagnò a bordo campo.
Aveva una personalità schiacciante che ne ha fatto un mito . In campo calamitava gli sguardi dei pur grandissimi calciatori che arbitrava. (Fonti: wikipedia; TRECCANI; raicultura; AIA; FIGC)
