Enzo Bearzot, dalla Serie C al Mondiale 

C’è una parte della storia di Enzo Bearzot che si preferisce dimenticare per convenienza
 C’è una parte della storia di Enzo Bearzot che si preferisce dimenticare. Non per vergogna, ma per convenienza narrativa. 

Prima di diventare il commissario tecnico della Nazionale, prima del Mundial ’82 e delle pipe fumate in silenzio, Bearzot ha allenato il Prato. Serie C, stagione 1968-69. Un dettaglio che sembra stonare nel curriculum di un uomo destinato alla gloria. Eppure, come spesso accade, è proprio lì che comincia tutto.

Il Prato era una squadra ambiziosa, reduce da un secondo posto dietro al Cesena. Per la nuova stagione si era affidato a Dino Ballacci, tecnico di rango sceso dalla B. 

Ma il calcio non ha memoria, cambia ogni anno e non perdona le aspettative tradite. A gennaio, il Prato lotta per evitare la retrocessione. Sembra una squadra sbagliata. 

Ballacci salta, arriva Renzo Melani per un attimo, poi tocca a Bearzot. Un nome che allora diceva poco, ma che aveva già respirato calcio vero accanto a Rocco e Fabbri al Torino. Era un uomo che osservava, ascoltava, imparava. E che aspettava il suo momento.

Il debutto è a Ravenna. Vince uno a zero. Non è solo un risultato, è un segnale. Il Prato comincia a chiudere gli spazi, a difendersi con ordine. Nelle prime cinque partite arrivano sette punti. Non è ancora salvezza, ma è ossigeno. E poi il passo cambia davvero. Nel girone di ritorno il Prato fa 23 punti, contro i 15 dell’andata. Una media importante in un campionato dove bastava poco per essere molto. Finisce a centro classifica.