È successo di nuovo. Quello che poco più di quattro anni fa ci sembrava un unicum assurdo e irripetibile, è successo nuovamente. L’Italia non parteciperà ai Mondiali. Da Russia 2018 ci tennero fuori la Spagna prima e la Svezia poi, stavolta la Svizzera e la Macedonia.
Grave. Gravissimo.
Il trionfo ottenuto ad Euro 2020 non sarà mai dimenticato, ma l’entusiasmo è già finito ed è stato sostituito da un enorme imbarazzo. Un Mondiale che sembrava già conquistato ci è sfumato tra le mani, fallendo un match-point dopo l’altro.
E se parliamo di match-point, risulta impossibile non parlare di Jorginho. Lui di match-point ne ha avuti a disposizione ben due e non se lo perdonerà mai. Così come probabilmente Berardi penserà a lungo al goal fallito contro la Macedonia. Ma il problema è molto più ampio. Il problema è generazionale, strutturale, mentale. L’Italia non produce più calciatori all’altezza della maglia azzurra o, per lo meno, ne produce troppo pochi.
E così ci si arrovella per anni sulle stesse soluzioni, spesso inadeguate. La Nazionale italiana ha bisogno di un rinnovamento. Euro 2020 è stata una splendida oasi nel deserto, una gioia estemporanea ma nulla di più. Un’impresa, un miracolo sportivo, un qualcosa però riuscito anche alla Grecia nel 2004, per capirci. E che non basta per potersi permettere di pensare che il movimento sia in salute.
Serve una scossa e serve in fretta. Intanto, però, per la prima volta nella storia, vivremo il secondo Mondiale consecutivo da spettatori. Un’onta che non passerà mai.
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