Vi racconto una storia, la storia di un uomo, un signore di 74 anni, che in una inusuale afosa prima serata di marzo si presenta davanti alle telecamere di uno studio televisivo.
E scavando tra i suoi ricordi come davanti ad un confessore incomincia a raccontare i suoi peccati iniziando il suo monologo.
“È da più di quattro anni che mi porto un dolore dentro. E questo dolore giovedì, con la sconfitta dell’Italia con la Macedonia, è tornato intenso come quattro anni fa. In tutto questo tempo ho riflettuto molto e parlato poco.
Ho ascoltato, però. Quattro anni fa ho subito una lapidazione.
Sono diventato l’uomo nero, si è passati da un maestro di calcio a ‘mangia i bambini’; quello che non si è dimesso dopo la sconfitta con la Svezia perché voleva rubare uno stipendio .
Ho sempre riconosciuto la colpa per quell’esclusione, ma ci sono state anche altre responsabilità.
È quello che la stampa oggi dice a una sola voce per difendere l’allenatore. Ed è vero. Non è una sconfitta della squadra, ma un problema di sistema. E io sono d’accordo. Penso che sia lo stesso sistema di quattro anni fa, che la vittoria all’Europeo ha solo mascherato.
Un sistema in ritardo, senza visione, che ci ha portato a uscire al primo turno ai Mondiali del 2010 e del 2014.
E che ci impone di ragionare su queste sconfitte che sembrano arrivare immeritatamente, all’improvviso, ma che hanno radici più profonde. Leggo che gli stadi sono fatiscenti, che i conti non tornano, che in Italia non nascono più campioni, che i pochi italiani che giocano nei top club non hanno esperienza internazionale, e che nei vivai si preferisce investire sugli stranieri.
Ecco: questi problemi c’erano anche quattro anni fa e la mia sconfitta, purtroppo, non è servita a cambiare nulla. Quattro anni fa, per tutti, è stata solo colpa mia, e mi sono fatto da parte.
Oggi invece è chiaro a tutti che la colpa è del sistema. E da italiano e tifoso dell’Italia sono contento che Mancini resti. Ma adesso cambiamo il sistema”.
L’uomo è rilassato, trova serenità e come nella Bibbia dove non c’è scritto solo “occhio per occhio, dente per dente”, c’è scritto anche: “Il Signore pose su Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l’avesse incontrato” giustizia senza vendetta.
Tratto da una storia vera: Giampiero Ventura allenatore della Nazionale di Calcio Italiana dal 2016 al 2017.
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