Giulio Andreotti: Il potere logora chi non ce l’ha e chi ce l’ha, invece, alza il telefono.
Nel tempo in cui i politici fanno un passo indietro e uno avanti, vaccini si vaccini no e il Green Pass che viene paragonato a una nuova tessera fascista, torna in mente una storia di tanti anni fa, quando negli uffici dei ministeri o nelle aule della Camera o del Senato si decidevano anche i trasferimenti dei calciatori.
Tra un dossier sulla crisi petrolifera e un rapporto riservato dei servizi segreti ovviamente deviati, sulle “onorevoli” scrivanie arrivavano anche le richieste di questo o quel dirigente sportivo che magari, domandava un intervento per fare un acquisto o per trattenere un giocatore che faceva le monellerie o capricci.
E accadde questo con Falcao era giugno del 1983, la Roma aveva appena vinto lo scudetto e rischiava di vedersi portare via l’uomo simbolo, l’ottavo re, Paulo Roberto Falcao. Il brasiliano, dalla sua casa di Porto Alegre dove si trovava in vacanza, parlava già da ex: “Lasciare Roma è stato un trauma”, disse.
Il presidente giallorosso Dino Viola incassò questa dichiarazione con l’abilità di Rocky Marciano, sa che tante squadre vogliono il suo gioiello, ma nessuna aveva firmato un accordo con la Roma. Si parlava delle avances del Verona e del Napoli, la telenovela diventò un caso nazionale, ma la verità è che Falcao si era promesso all’Inter.
Sandro Mazzola, allora dirigente nerazzurro, lavorò nell’ombra assieme a Cristoforo Colombo no il navigatore ed esploratore bensì il procuratore del giocatore, fece firmare il contratto a Falcao e, tutto soddisfatto, lo mostrò al presidente Ivanoe Fraizzoli.
È il colpo dell’anno. Da tenere segreto per qualche giorno, perché non si sa mai, però ormai non c’erano più dubbi: Falcao sarà dell’Inter. Fraizzoli è un signore d’altri tempi, un gentiluomo, forse però troppo ingenuo. Una sera, quando manca ancora l’accordo tra le società, per correttezza alzo il telefono e chiamò Dino Viola per annunciargli che aveva tra le mani la firma di Falcao.
Dall’altra Giulio Andreotti: Il potere logora chi non ce l’ha e chi ce l’ha, invece, alza il telefono… Paulo Roberto Falcao era dell’Inter, Giulio Andreotti bloccò l’affare parte del filo, silenzio: Viola prese atto, ma non parlò.
Fraizzoli capì che la faccenda si complicava e sospettò, anche se lo confessò soltanto alla moglie Renata, che era sicuro che si sarebbero mossi i pezzi grossi per bloccare l’affare.
La grande macchina del potere si mise in azione. Scese in campo Giulio Andreotti in persona, tifoso romanista doc come il fedele braccio destro, Franco Evangelisti, cui affidò il dossier Falcao.
L’ordine è chiaro: “A Fra’, risolvi il problema”. Evangelisti studiò la situazione, sondò il terreno, capì che la prima cosa da fare era convincere la mamma del giocatore, la senhora Azise. Per raggiungere l’obiettivo, non si fece scrupoli. E così la vicenda di calciomercato sbarcò in Vaticano.
La mamma di Falcao essendo religiosissima, le fecero sapere che persino Papa Wojtyla sperava che Falcao non lasciasse la Roma. Lei riferì tutto al figlio e aggiunse : “Non vorrai mica fare un dispiacere al Santo Padre, eh?”
Evangelisti andò dal capo e gli diede un suggerimento: “Giulio, io ho fatto quello che potevo. Adesso devi intervenire tu”.
Andreotti capì, alzò il telefono, chiamò direttamente il presidente Fraizzoli e, così si è saputo in seguito, prima ancora che su Falcao il discorso si focalizzo sugli interessi economici dell’imprenditore milanese, su quei capi d’abbigliamento che lui fabbricava e che venivano distribuiti anche ai ministeri, “un affare importante, mi dicono”.
Fraizzoli sbiancò in volto, uscì dall’ufficio, convocò Mazzola e i più stretti collaboratori e, senza dare una spiegazione, ordinò di stracciare il contratto di Falcao. A Roma esultarono tutti e Andreotti, riservato al punto tale che in presenza di testimoni avrebbe perfino negato di chiamarsi Giulio e di essere figlio dei suoi genitori, ammise : “Sì, questa volta mi sono impicciato e ho risolto la faccenda.”
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