Lambert Park

Lambert Park si è svegliato presto, ma non si è mai sentito così vivo. È stato uno di quei giorni che ti rimangono dentro. 

Lunedì 9 giugno 2025, Festa del Re, ma soprattutto festa della comunità, quella vera. Quella che non viene invitata ai tavoli del potere, ma che con le sue mani tiene in piedi le fondamenta culturali, sportive e morali del nostro essere italiani all’estero.

Già dalle otto del mattino, una processione silenziosa ma carica di emozione ha iniziato a riempire Lambert Park. Famiglie intere con bandiere, bambini con le maglie dell’APIA Leichhardt FC, nonni con il bastone e la memoria, tutti uniti per dire NO al cemento, NO al silenzio, NO alla cancellazione di un pezzo di storia. 

Il presidente dell’APIA Leichhardt Football Club, Tony Raciti, ha preso la parola durante il raduno. 

Lo ha fatto con la voce rotta dall’emozione, ma ferma nella determinazione: “Non mi fermerò. Mi batterò fino all’ultimo respiro. Questo non è solo uno stadio. È uno spazio magico. È dove i nostri ragazzi crescono, imparano, si divertono. Lasciateli giocare. Lasciate che i bambini si esprimano, corrano, gridino, sbaglino, vincano, perdano. Ma soprattutto, vivano.” Parole forti, che hanno risuonato come un monito, come un’ultima trincea da non oltrepassare. Tutto questo, purtroppo, non è una novità. Una cosa del genere l’aveva tentata anche Ernesto Maduri al Forum Italiano. Voleva restituirgli vita. Dare spazio ai bambini. Musica, danza, sport, lingua. Ma anche lì… azzoppato. Troppo rumore. Il rumore, sì. È questo che dà fastidio.

Quello che mi ha ferito più di tutto, però, è stato il silenzio assordante – direi tombale – dell’assenza ingiustificabile di tanti rappresentanti della “comunità”. Dove erano i signori incravattati, quelli sempre in prima fila ai tagli del nastro, ai cocktail, alle sfilate con la fascia tricolore?

Lunedì 9 giugno non c’era bisogno di proclami. Serviva solo esserci. E voi non c’eravate. Noi, invece, c’eravamo. E ci saremo ancora. I veri italiani, quelli che l’Italia la portano nel cuore e non nel portafoglio, ieri erano a Lambert Park. Non eravamo pochi. Eravamo tanti. E soprattutto eravamo veri. 

Ci siamo stretti attorno a un campo da calcio come un luogo di educazione, di cultura, di passione. Un tempio civile in cui si celebra l’appartenenza. Non permetteremo che venga cancellato, soffocato, svenduto.

Perché Lambert Park non è solo un terreno sportivo: è un pezzo di Italia in Australia. La storia ci insegna che quando si lascia passare il primo bulldozer, poi arrivano tutti gli altri.

Noi diciamo basta. Leichhardt: qui è rinata l’Italia. Quella vera.