Morto Remo Girone, indimenticato Tano Cariddi de La Piovra
Ci sono volti che diventano icone e che, per paradosso, finiscono per oscurare tutto il resto. Così accade a molti grandi attori: la memoria collettiva li imprigiona in un solo ruolo, spesso quello che li ha consacrati, condannandoli a vivere nel ricordo di un personaggio più che di una carriera. A Remo Girone è toccata questa sorte: per il pubblico sarà per sempre Tano Cariddi, l’antagonista spietato de La Piovra.
Eppure, dietro l’ombra di Cariddi, c’era un artista infinitamente più ricco. C’era un uomo nato ad Asmara, in Eritrea, con la grazia dei grandi gentiluomini e la curiosità dei veri intellettuali. C’era un attore che aveva attraversato i palcoscenici con Shakespeare, Miller e soprattutto Čechov, la sua passione dichiarata. C’era una voce che sapeva modulare il dolore e la dolcezza, il cinismo e la pietà, senza mai dover alzare il tono.
Girone non è stato soltanto il simbolo televisivo di un’Italia che si specchiava nelle ferite della mafia. È stato un interprete che ha scelto sempre con intelligenza, senza snobismi, perché – diceva – “il buono esiste solo se ha un cattivo all’altezza di contrastarlo”. Eppure, negli ultimi anni, aveva preferito restituirci immagini di luce: il libraio gentile, il sacerdote, il medico comprensivo. Come a voler bilanciare, con la serenità della maturità, quella lunga ombra che lo aveva accompagnato.
Il suo modo di vivere il mestiere era discreto, quasi sommesso. Non cercava riflettori inutili, non alzava mai la voce. Amava il teatro, i libri, il cinema dei giovani. Parlava più lingue, viveva da cittadino del mondo senza smettere di sentirsi profondamente italiano. Forse per questo la sua figura appare oggi così preziosa: perché ci ricorda che si può lasciare un segno senza clamore, si può essere grandi senza bisogno di urlare.
Con la scomparsa di Remo Girone non perdiamo soltanto Tano Cariddi, ma una certa idea di attore e di uomo: quella di chi sa coniugare eleganza e rigore, talento e misura, intensità e riservatezza. In un tempo di rumore costante, ci mancherà soprattutto il suo silenzio, pieno di significati e di grazia.
E forse il modo migliore per salutarlo è proprio con le sue parole, dette in una delle sue ultime interviste:
“Non ho mai scelto un ruolo per la sua moralità, ma per ciò che il personaggio porta alla storia. Anche il cattivo, se ben scritto, può illuminare il bene.”
