di Maria Grazia Storniolo
Nell’intricata rete del settore dei servizi alla comunità del New South Wales, la voce di Narelle emerge con forza e autenticità. Oggi lavora per Southern Youth and Family Services, un’organizzazione non-profit attiva nelle regioni di Illawarra, Shoalhaven, South Coast e Southern Tablelands.
Una realtà vibrante, complessa e profondamente radicata nel territorio, che Narelle definisce con semplicità “un’organizzazione che fa del bene”.
Ma per comprendere appieno il suo percorso e la sua dedizione, bisogna tornare indietro nel tempo, a una vita familiare che le ha insegnato presto il valore dell’impegno sociale.
Narelle cresce sul litorale del New South Wales, nel piccolo villaggio di Shellharbour, all’epoca un angolo tranquillo affacciato sull’oceano, oggi diventato una cittadina in forte espansione.
La sua infanzia è un mosaico di ricordi luminosi: giornate in spiaggia o in piscina, giochi al sole, pesca, piccoli compiti domestici e animali da accudire. La veranda di casa era il centro della vita familiare, un luogo di condivisione, risate e pasti consumati all’aperto.
La famiglia di Narelle era un crocevia di mondi diversi.
Da un lato i parenti materni, provenienti dalla campagna di Canowindra; dall’altro, quelli paterni, radicati nella città di Sydney. Al centro, due nonni che rappresentavano pilastri nella vita quotidiana dei nipoti, visitati regolarmente “ogni due fine settimana, senza possibilità di discussione”.
Suo nonno paterno, inizialmente insegnante, aveva intrapreso un percorso che l’aveva portato nel sindacato del settore tessile e, infine, alla politica federale come rappresentante dell’area di St. George.
Guardando indietro, Narelle riconosce come la sua famiglia abbia saputo fondere “il meglio dei due mondi”: la franchezza e la solidità della vita rurale con il senso civico urbano, creando un sistema di valori che ha permeato ogni aspetto della sua educazione. Ospitalità, accoglienza, generosità, gentilezza, impegno nella comunità, interesse per la politica e, soprattutto, l’importanza di “fare la cosa giusta” erano principi imprescindibili.
In casa si incoraggiavano le discussioni e il confronto, talvolta con esiti esplosivi. Narelle ricorda un acceso litigio col padre e la madre che lo rimproverava: “Non puoi insegnarle a esprimere la propria opinione e poi arrabbiarti quando lo fa.” Fin da adolescente, Narelle non rimane spettatrice passiva.
Firma una petizione per salvare le serate danzanti nella sala comunale, opponendosi alla decisione del consiglio locale.
Quando il padre, consigliere, torna a casa raccontando l’imbarazzo provato nel leggere il proprio cognome tra i promotori della protesta, Narelle capisce per la prima volta il peso del coinvolgimento civico.
L’impegno comunitario della sua famiglia era onnipresente: squadre sportive, corse di nuoto, gestione dei parchi, comitati scolastici, raccolte fondi, attività politiche e volontariato.
Il padre ricoprì anche il ruolo di vicesindaco e, per un breve periodo, di sindaco. La madre era invece un punto di riferimento per l’intero villaggio, pronta a rispondere al telefono a qualsiasi ora per ascoltare, consigliare o intervenire.
E spesso, quando uno dei genitori usciva di notte dopo una telefonata, si trattava di aiutare una donna o una famiglia in difficoltà, anche se allora certe cose non avevano ancora un nome: solo anni più tardi Narelle scoprirà che una bambina che frequentava quotidianamente la loro casa era vittima di violenza domestica.
La vita professionale di Navelle inizia lontano dal settore sociale. Lavora in banca, in un RSL Club e in un motel, tutte esperienze segnate dalla presenza di “grandi capi”, uomini diversi tra loro ma accomunati da una gestione basata sul rispetto, sul lavoro duro e sull’impegno verso la comunità.
Lezioni che Narelle porterà con sé per sempre. Dopo aver viaggiato per l’Australia, vive per diversi anni nel Queensland del Nord, poi torna prima a Sydney e infine a Shellharbour. Lavora nel governo locale e nel settore dei fondi sanitari, dove diventa rapidamente delegata sindacale, indignata dalle condizioni di lavoro dei colleghi. Parallelamente, inizia un percorso di formazione nei servizi alla gioventù, completando uno stage che la porterà a fare volontariato in un rifugio per giovani.
Oggi, con qualifiche in community service, youth work e frontline support, Narelle ha trovato la sua dimensione naturale a Southern Youth and Family Services, dove continua a incarnare quei valori che le sono stati trasmessi fin dall’infanzia: ascolto, accoglienza, giustizia sociale e il coraggio di “farsi coinvolgere”.
La sua storia non è solo il racconto di una vita, ma un esempio di come la cultura familiare e il senso di responsabilità possano trasformarsi in una vocazione: quella di essere al servizio degli altri.
