Cari lettori, non so se qualcuno avrà notato come già dall’anno scorso avevo scritto più volte su “il punto di vista” che Joe Biden NON sarebbe stato candidato e – già un mese fa – che secondo me AVREBBE VINTO TRUMP, così come sostenevo nel 2016 quando non lo pensava nessuno. Ascoltando stanotte le troppe ed inutili parole di cento commentatori TV, dentro di me – con una punta di orgoglio – pensavo che per commentare e prevedere la politica ci vorrebbero sempre un po’ di esperienza e di buonsenso, quello che non hanno molti di quelli che (ben pagati) macinano balle in TV e finalmente dovrebbero stare un po’ zitti, a cominciare dagli illustri “guru” che avevano previsto la vittoria della Harris.
Invece Trump ha vinto, nonostante Trump. Un candidato criticato, divisivo, antipatico, ma che alla fine si è trascinato dietro un risultato che è andato ben al di là del pronostico e che con la maggioranza alla Camera (probabile) e al Senato (sicura) permetterà ai Repubblicani di governare almeno il prossimo biennio.
E’ stata anche una larga e clamorosa vittoria popolare visto che Trump ha vinto anche in termini di voti assoluti e nonostante la grande affluenza, a sottolineare la cocente disfatta dei Democratici, ma soprattutto di chi in queste settimane – negli USA come in Italia – non aveva più o meno volontariamente voluto cogliere i segni dei tempi.
Chi scrive già un mese fa aveva appunto pronosticato la vittoria di Trump anche quando la Harris era in testa, perché un conto sono i sondaggi e relativi commenti, un altro ascoltare “sul campo” i sentimenti della gente.
Americani delusi da entrambi i candidati, ma che hanno considerato Trump “il male minore” per la superficialità ed impreparazione dell’avversaria che si cristallizzata su temi che toccavano poco la “pancia” della gente. L’aborto, il femminismo, le questioni di gender saranno demagogicamente importanti, ma molto di più lo è l’aumento dei prezzi al dettaglio e l’insicurezza che troppi americani percepiscono nel proprio quartiere quando si barricano la sera in casa o portano i figli a scuola.
Demagogia, populismo: metteteci quello che volete, ma sta di fatto che è questa la maggioranza americana che – dopo una esperienza con Biden giudicata fallimentare – ha preferito “l’usato sicuro”.
Stucchevole il dibattito sul presunto filofascismo di Trump (mentre si è minimizzato l’impatto emotivo che l’attentato di luglio contro di lui ha avuto sull’elettorato) che ha raggiunto ossessioni paranoiche, mentre la gente chiedeva (invano) alla Harris di dire una parola chiara sulla politica economica, il controllo dell’immigrazione, il futuro sviluppo energetico, la politica estera. Invece, una volta di più, eccoci con la solita fiera dell’ “intellighenzia” radical-chic che parla a sé stessa autoconvincendosi di rappresentare il “popolo” che invece proprio non la pensa come loro.
Molti aspetti della campagna – vista a posteriori – sono poi apparsi veramente assurdi. Il controllo dell’informazione, per esempio, che la gente negli USA ha percepito come ossessivo e non trasparente. Una levata di scudi e polemiche ad esempio per i finanziamenti di Musk a Trump, ma dietro la Harris c’erano i gruppi finanziari più potenti d’America, ma di cui si parlava pochissimo.
Quale trasparenza c’è, d’altronde, se quasi tutti i grandi media americani sono in mano ad un solo fondo di investimento vicino ai Democratici? Anche perché alla prova dei fatti – come sapevano tutte le persone di buonsenso – gli endorsement delle star, delle cantanti, degli attori servono poco o nulla, così come gli interminabili monologhi anti-Trump sulla CNN, mentre la Harris trasformava il voto anche in una sorta di pericoloso scontro razziale.
La vittoria di Trump dovrebbe aprire gli occhi anche agli italiani chiedendoci come mai in Italia, alla domanda “per chi votereste?” la grande maggioranza aveva risposto “Harris”.
Come mai questo voto “italiano” così diverso da quello reale? Proprio perché l’informazione italiana si è dimostrata per l’ennesima volta partigiana, preconcetta e di parte. senza mai avere il coraggio – salvo pochissime eccezioni, e va sottolineata la voce fuori dal coro di Federico Rampini (pur elettore democratico) sul “Corriere” – di sottolineare le evidenti carenze di una Harris partita in ritardo, ma comunque deludente salvo che nel confronto diretto con Trump, dove però “giocava in casa”.
Pochi media italiani si sono resi poi conto che si stava votando “per la vice del vice di Obama”, una sorta di dinastia politica democratica che in Italia viene santificata, ma che in America era già stata bocciata nel 2016 diventando insopportabile per molti, visti tutti gli intrallazzi che ci stavano dietro.
Servirebbe una riflessione anche sui media italiani sul perché hanno votato Trump così tanti ispanici, neri e colletti blu (ovvero bianchi poveri), eppure ancora ieri sera durante lo scrutinio su Rai Uno da Bruno Vespa TUTTI i commentatori presenti ammettevano che – se americani – avrebbero votato Harris. Ma che razza di dibattito equilibrato poteva venirne fuori?
In America non c’è la “par condicio” e servono (troppi) milioni per una alluvione di spot, ma alla fine “il troppo storpia” e i Democratici se ne sono accorti troppo tardi, mentre agli osservatori più attenti non sfuggivano alcuni aspetti sapientemente nascosti.
Per esempio negli ultimi giorni si era diffusa la notizia che la Harris avrebbe vinto nel repubblicanissimo Stato dello Iowa grazie al voto delle donne. Si è costruito su questa news una grande teoria sul possibile recupero di Camala (dimostratasi poi una balla clamorosa, Trump ha vinto con il 14% di margine!!), ma bastava andare a vedere come il sondaggio fosse su un campione di solo 808 persone (e quindi basato su meno di una decina di “donne virtuali” di differenza) per capirne la sua poca fondatezza, ma che per alcuni giorni ha riempito comunque i titoli di giornali e TG di mezzo mondo.
Finita la festa ora vedremo Trump alla prova, ma comunque – è una certezza – state tranquilli che dal 20 gennaio (giorno dell’insediamento) la Casa Bianca sarà quotidianamente bersagliata dalle critiche dei media del mondo. Vedrete per credere…