La qualità su scala limitata

Quando parliamo di qualità alimentare lo facciamo con grande convinzione di essere gli unici a saperne capire le principali caratteristiche.

Spesso ignoriamo le diversità sociali, culturali e soprattutto economiche di chi ha idee ben diverse dalle nostre. Per noi la qualità di una pietanza è sempre più basata sulla preparazione degli chef stellati che ci convincono che il loro standard sia quello raggiunto o da quello che dovrebbero raggiungere, anche se solo nella loro testa. 

Chi si lascia influenzare dagli show televisivi; dove ogni piatto è un dramma se non fatto o presentato in una certa maniera, ha capito ben poco della realtà in cui stiamo vivendo. 

Nel mio immaginario collettivo, e non mi fermo sulla limitata visione di ciò che conosciamo attraverso la televisione programmata per consumismo, spalanco gli occhi e guardo verso orizzonti o dimensioni umane diverse facendomi spazio su altre forme o limiti riferiti al significato di qualità. 

Provate ad immaginare il massimo della qualità di una famiglia di nuovi residenti arrivati in Italia da poco o magari dei rifugiati che hanno ottenuto la cittadinanza italiana nell’ultimo ventennio. 

Magari proviamo ad immaginare il massimo della qualità in quei paesi in via di sviluppo e loro già abbiano capito meglio di noi che la qualità di ciò che mangia non è nella presentazione o preparazione ma nel saper curare e trattare quegli ingredienti (carne o pesce, o verdure e legumi) che ci fanno stare bene.

Il concetto di qualità espresso da noi, poveri sofisticati, è talmente povera che a volte mi vergogno pure di farne parte. 

Nei ristorante dove ho lavorato, anche se per poco tempo, si faceva spreco di materie prime solo perché i piatti dovevano “uscire” perfetti. Siamo sicuri che la qualità sia quella di cui ci siamo convinti o siamo solo degli imbroglioni che vogliono convincere noi stessi per sfruttare il prossimo? 

Fortunatamente per ognuno di noi la qualità ha un significato diverso anche se siamo tutti convinti che la nostra definizione sia quella perfetta. 

Per alcuni la qualità è selezionare le materie prime sul posto di raccolta o di allevamento, per altri è comprare un prodotto di marca perché gli hanno detto che è di qualità. Per altri ancora la qualità è determinata da chi gli propone e vende i prodotti per realizzare le sue pietanze e questo stesso non ne conosce neanche la provenienza. Per altri ancora la qualità è solo un modo come un altro per convincersi e convincere i clienti che utilizza prodotti di qualità, pur sapendo che sono scaduti o fuori uso. 

Come facciamo tutti noi, dico noi consumatori a sapere chi veramente ci racconta la verità? 

Chi è quell’individuo che si mimetizza in Dio per determinare la qualità? 

Di una cosa sono certo, dopo tantissimi anni coinvolto nell’industria del cibo posso garantirvi che la qualità è dentro di noi. 

Chi può permettersi un piatto che costa oltre il necessario lo fa solo per immagine o megalomania o magari per poter raccontare, a chi non può, di aver mangiato un piatto di qualità, anche se fatto con prodotti scadenti e ben presentato. Mentre chi ha lo stretto necessario per vivere o mangiare, cerca di trovare il meglio con quello che può permettersi. 

Tuttavia, la civiltà del bere e del mangiare ci impone delle regole standard… se poi ci sono quelli che non li rispettano allora li ignoriamo, per non dire disprezziamo, perché non sono come noi, fissati e sofisticati.

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